Il Rapporto su povertà ed esclusione in Italia 2024 della Caritas, nonostante il sottotitolo aperto alla speranza (“Fili d’erba nelle crepe”), evidenzia un ulteriore aumento della povertà nel nostro Paese.
Oggi in Italia vive in una condizione di povertà assoluta il 9,7% della popolazione, praticamente una persona su dieci. Complessivamente si contano 5 milioni 694mila poveri assoluti, per un totale di oltre 2 milioni 217mila famiglie (l’8,4% dei nuclei). Il dato, in leggero aumento rispetto al 2022 su base familiare e stabile sul piano individuale, risulta ancora il più alto della serie storica, non accennando a diminuire. Se si guarda infatti ai dati in un’ottica longitudinale, dal 2014 ad oggi la crescita è stata quasi ininterrotta, raggiungendo picchi eccezionali dopo la pandemia, passando dal 6,9% al 9,7% sul piano individuale e dal 6,2% all’8,4% sul piano familiare.
Dal 2014 al 2023 il numero di famiglie povere residenti al Nord è praticamente raddoppiato, passando da 506mila nuclei a quasi un milione (+97,2%); se si guarda al resto del Paese la crescita è stata molto più contenuta, +28,6% nelle aree del Centro e +12,1% in quelle del Mezzogiorno (il dato nazionale è di +42,8%). Oggi in Italia il numero delle famiglie povere delle regioni del Nord supera quello di Sud e Isole complessivamente. L’incidenza percentuale continua a essere ancora più pronunciata nel Mezzogiorno (12,0% a fronte dell’8,9% del Nord), anche se la distanza appare molto assottigliata; nove anni fa la quota di poveri nelle aree del Meridione era più che doppia rispetto al Nord: 9,6% contro il 4,2%.
In Italia più che nel resto d’Europa le difficoltà economiche sembrano destinate a perpetuarsi di generazione in generazione. Chi è cresciuto in famiglie svantaggiate tende a trovarsi, da adulto, in condizioni finanziarie precarie. Un circolo vizioso che colpisce il 20% degli adulti europei tra i 25 e i 59 anni che, a 14 anni, vivevano in una situazione economica difficile. In Italia, il dato sale al 34%, segno di un’eredità che pesa sul futuro. Valori più alti di povertà ereditaria si raggiungono solo in Romania e Bulgaria (Eurostat).
Accanto alla questione “settentrionale”, un altro nodo da richiamare è quello della povertà minorile, che da tempo sollecita e preoccupa. L’incidenza della povertà assoluta tra i minori oggi è ai massimi storici, pari al 13,8%: si tratta del valore più alto della serie ricostruita da Istat (era 13,4% nel 2022) e di tutte le altre fasce d’età. Lo svantaggio dei minori è da intendersi ormai come endemico nel nostro Paese visto che da oltre un decennio l’incidenza della povertà tende ad aumentare proprio al diminuire dell’età: più si è giovani e più è probabile che si sperimentino condizioni di bisogno. Complessivamente si contano 1milione 295mila bambini poveri: quasi un indigente su quattro è dunque un minore. Preoccupa poi il dato sull’intensità della povertà: i nuclei dove sono presenti bambini appaiono i più poveri dei poveri (avendo livelli di spesa molto inferiori alla soglia di povertà).
Accanto alla povertà minorile, un altro elemento di allarme sociale che si coglie dagli ultimi dati Istat rilasciati lo scorso 17 ottobre, riguarda i lavoratori: continua infatti a crescere in modo preoccupante la povertà tra coloro che possiedono un impiego. Complessivamente tocca l’8% degli occupati (era il 7,7% nel 2022) anche se esistono marcate differenze in base alla categoria di lavoratori; se si ha una posizione da dirigente, quadro o impiegato l’incidenza scende al 2,8%, mentre balza al 16,5% se si svolge un lavoro da operaio o assimilato (dal 14,7% del 2022). Quest’ultimo in particolare è un dato che spaventa e sollecita, segno emblematico di una debolezza del lavoro che smette di essere fattore di tutela e di protezione sociale.
Qui il testo integrale del Rapporto Povertà 2024 e la sintesi