Un incidente stradale che si trasforma in una tragedia: un camion investe uno scuolabus che prende fuoco. In condizioni normali i soccorsi arriverebbero velocemente, solo che ci troviamo in Cisgiordania e i bambini dell’asilo che si stanno recando in gita a un parco a nord di Gerusalemme sono palestinesi. Quello che devono seguire i mezzi dei soccorritori, a partire dai pompieri, è un autentico percorso a ostacoli, disseminato di barriere, checkpoint, strade a scorrimento veloce riservate agli israeliani. E lo stesso sono costretti a fare i genitori cui è arrivata la notizia che un terribile scontro ha coinvolto il bus. Gli uni e gli altri finiranno così per giungere sul luogo quando ormai il fuoco ha ucciso alcuni dei piccoli.
In Un giorno nella vita di Abed Salama (traduzione di Christian Pastore, Neri Pozza, pp. 270, euro 19) Nathan Thrall ci conduce pian piano, partendo dall’emozione del piccolo Milad, cinque anni, alla vigilia della gita, per poi seguire l’angoscia crescente di suo padre Abed, e infine il percorso di amici e famigliari coinvolti da decenni delle lotte dei movimenti progressisti palestinesi, nel quotidiano di vite scandite da regole, imposizioni e violenze. Ispirandosi ad una storia vera, resa però con una delicata e precisa trama narrativa, come si trattasse di un romanzo, Nathan Thrall, un giornalista ebreo americano che vive a Gerusalemme dove ha diretto a lungo l’Arab-Israeli Project presso l’International Crisis Group, descrive cosa può avvenire in un giorno qualunque della vita di un palestinese, una giornata «normale» destinata a trasformarsi in tragedia anche per la condizione in cui si è costretti a vivere. (Guido Caldiron, il manifesto)