“E’ stata una rivoluzione contro un regime fascista lungo 15 anni”

Mesi fa Giuliano Battiston ha incontrato a Dacca, Saydia Gulrukh, giornalista e attivista bangladese. donna coraggiosa e battagliera, è stata tra le poche a volerci mettere la faccia, criticando duramente la prima ministra, mentre altri chiedevano l’anonimato. «Sheikh Hasina? Incarna il fascismo femminile», ci aveva detto allora. Oggi celebra la caduta del suo regime, ma ammonisce: non sarà facile archiviare «l’eredità omicida del governo dell’Awami League». Questa è la recente intervista apparsa su il manifesto.

Bangladesh. Intervista alla giornalista e attivista Saydia Gulrukh

Come definirebbe ciò che è avvenuto in Bangladesh e quanto importante è stato il ruolo degli studenti?
Si è trattato di un vero e proprio momento rivoluzionario. Una sollevazione di massa guidata dagli studenti ha rovesciato il governo fascista dell’Awami League, ma la popolazione ha pagato con il sangue questa vittoria. Il numero di morti e feriti del massacro di luglio è sconosciuto. I media mainstream registrano più di 300 morti e diverse migliaia di feriti. Ma il vero numero è molto, molto più alto. Il sistema delle quote era diventato il simbolo dei privilegi goduti dagli affiliati all’Awami League. Gli studenti sono scesi in strada per riprendersi il futuro. Lentamente, anche i cittadini ordinari si sono uniti alla battaglia, rifiutandosi di continuare con questa vita indegna sotto regime.

Sheikh Hasina ha lasciato il paese. Che tipo di eredità lascia dietro di sé e quanto difficile sarà archiviarla?
Sheikh Hasina ha lasciato dietro di sé un’eredità omicida. Il massacro di luglio è il momento più crudele del governo autoritario durato 15 anni, ma le storie di sparizioni forzate, esecuzioni extragiudiziali, torture sotto custodia, arresti arbitrari nei centri segreti di detenzione sono parte della violenza lenta ma continua, se non veri e propri crimini contro l’umanità, che il governo dell’Awami League ha commesso contro il suo stesso popolo. Con l’uso di formazioni extralegali, conosciute come helmet bahini, l’esercito con l’elmetto, gli scagnozzi armati dei diversi fronti dell’Awami sono sempre stati dispiegati per affrontare l’opposizione politica e reprimere le proteste. La corruzione nei settori bancario ed energetico fa sanguinare l’economia nazionale. Lo scorso aprile la Banca mondiale ha rivelato che ogni anno fuoriescono dal Bangladesh 3,15 miliardi di dollari attraverso account offshore illegali. Mentre la classe lavoratrice fatica a mettere insieme due pasti, il Bangladesh ha prodotto il più alto numero di persone ultra-ricche al mondo. Il rapporto The World Ultra Wealth Report del 2018 mostrava che qui il numero di ultra-ricchi per patrimoni netti è cresciuto del 17,3% tra il 2012 e il 2017.
Senza scordare che le ultime tre elezioni (2014, 2018 e 2024) sono state viziate da brogli ed è stato negato il diritto di scelta. Senza dubbio ci aspettano tempi complicati. Molto dipenderà dal prossimo governo. Dall’eredità omicida di Sheikh Hasina dovrà trarre l’insegnamento che il popolo, prima o poi, si confronta con il potere. Dovrà rapportarsi alle altre nazioni che hanno interessi geopolitici, come India, Cina e Stati uniti, avendo chiari in mente gli interessi sovrani del Bangladesh. Sapendo che il popolo rifiuterà qualunque governo fantoccio.

Il capo dell’esercito ha annunciato l’imminente formazione di un governo ad interim. Che tipo di soluzioni politiche aspettarsi? C’è da temere un ruolo diretto dell’esercito?
Nel discorso del 5 agosto, il capo dell’esercito ha detto chiaramente che nelle successive 24 ore avremmo avuto uno schema del governo e che verrà fatta giustizia per tutte le vittime del massacro di luglio. Gli studenti hanno già preso contatto con l’eminente economista e premio Nobel Muhammad Yunus per presiedere il governo a interim come capo consigliere, e lui si è detto d’accordo. La leadership studentesca è anche stata esplicita nel rifiutare un governo a trazione militare. C’è infatti un deficit di fiducia recente e di lungo termine. Nei due giorni precedenti le dimissioni di Sheikh Hasina, il 4 e 5 agosto, circa 200 persone sono state uccise, quando l’esercito era già dispiegato. La percezione pubblica è che l’esercito abbia consentito la violenza garantendo un passaggio sicuro fuori dal paese alla deposta prima ministra. Un tradimento della volontà pubblica. Il popolo avrebbe voluto che venisse giudicata e che affrontasse la giustizia per il massacro di luglio, tra le altre cose. È noto che il capo dell’esercito abbia legami diretti con il deposto regime dell’Awami League. Inoltre, il ruolo dell’esercito nei trattati per le Chittagong Hills (un’occupazione di coloni sostenuta dall’esercito), la pulizia etnica ancora in corso della comunità indigena Bawn e la continua violazione dei diritti delle altre popolazioni indigene ci forniscono molte ragioni per interrogarci sul reale impegno dell’esercito nell’assicurare la pace in Bangladesh.

il manifesto, 7 agosto 2024


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