C’è un conflitto latente, eppur profondo fra il popolo e le élites che va interrogato e vissuto. L’alto e il basso della società tendono a farsi separati, il basso deprivato dall’uscita di scena del partito di massa, l’alto diventato padrone della politica istituzionale fattasi spettacolo e comunicazione solo per quello stesso segmento della società. Se ieri si poteva parlare, forse impropriamente di “odio di classe”, oggi non si può non vedere diffondersi un rancore di fondo, una rabbia sorda contro lo svolgersi quotidiano dell’ingiustizia, della deprivazione di potere, di vita, di dignità. La destra che monta in tutto l’occidente, come in Europa, è una nuova destra; nuova e perciò più minacciosa. Essa nuota in questo mare (inquinato) come un pesce nell’acqua, armata di un populismo reazionario, senza classe e contro la classe operaia, come contro ogni istanza di libertà o condizione di diversità, quasi a volere sradicare la radice stessa della modernità. Il nemico presunto, e comunque invocato come pericolo, deve potere legittimare la sua presenza. Dovrebbe essere evidente che se l’Europa politico istituzionale, fin dalle prossime elezioni, sarà caratterizzata dalla contesa tra queste destre e la continuità col governo reale della Unione europea, cioè dalla contesa tra la nuova destra e un centro liberale, moderato e tecnocratico, allora per un’Europa dei popoli, per un’Europa di civiltà, di una nuova democrazia partecipata, non c’è futuro.
La spinta alla diserzione dal voto affonda qua le sue radici, la guerra la potenzia drammaticamente.
da alternative per il socialismo, n.75, p.28