Vi proponiamo un’estratto dell’intervista che Guido Caldiron ha fatto a Mathieu Belezi, apparsa su il manifesto, in occasione dell’uscita in Italia del suo romanzo Attaccare la terra e il sole (traduzione di Maria Baiocchi) Gramma/Feltrinelli, dove si narra una vicenda immersa nella tragica epopea del debutto dell’impresa coloniale francese in terra d’Algeria. E’ una intervista ricca di spunti utili alla costruzione di un pensiero di decolonizzazione culturale.
***********************************
Nella Storia tutto è sempre collegato. Ad esempio, non è possibile parlare costantemente della guerra d’Algeria (1954-1962), così come hanno fatto, anche con la complicità di alcuni storici, tutti i governi che si sono succeduti fin qui a Parigi, senza sapere nulla della conquista di quel Paese da parte dell’esercito francese nel 1830 e del modo in cui i coloni hanno amministrato queste cosiddette «terre barbare» durante 132 anni terribili. Certo che i ricercatori cui faccio riferimento avevano e hanno ancora ragione a stabilire un collegamento tra la Storia e il presente che vede un partito razzista alle porte del potere in Francia. Ma mi spingerei anche oltre, credo che il razzismo di massa sia sempre esistito: gli uomini rifiutano sempre ciò che non gli assomiglia. Il rifiuto, ma anche il disprezzo, per non dire l’odio delle popolazioni che hanno l’audacia di vivere in modo diverso su questa terra, di pensare diversamente, di amare e morire in altri modi: popoli rapidamente definiti come barbari, subumani che devono essere soggiogati o addirittura sterminati se la loro sottomissione si rivela impossibile. Pensiamo al comportamento spaventoso degli spagnoli e dei portoghesi nella conquista dell’America del Sud, e agli inglesi, ai francesi, agli olandesi, ai tedeschi o agli italiani che si sono comportati in modo altrettanto riprovevole quando hanno tentato di costruire degli imperi nel XIX come nel XX secolo. E non credo che dopo la Seconda guerra mondiale tali comportamenti siano cambiati in modo significativo. L’Europa ha cercato di civilizzarsi, di considerare altrimenti le popolazioni indigene. Ma la vernice è fragile, gli avvenimenti recenti, in Francia e altrove, lo dimostrano. Forse dovremmo riconsiderare effettivamente la Storia d’Europa, smontare le statue e produrre finalmente una storia popolare di Francia, Inghilterra, Italia o Spagna come Howard Zinn ha fatto per gli Stati Uniti, al fine di comprendere meglio attraverso quali violenze questi Paesi sono passati prima di inventarsi una Storia popolata di eroi da onorare: perché il problema è che questa Storia non è quella giusta.
La colonizzazione dell’Algeria da parte della Francia, questi 132 anni di turpitudine coloniale, sono argomenti che si evita volutamente di affrontare e che continuano ad essere esclusi dalle proposte di alcuni media. Nonostante con i miei romanzi abbia vinto il premio letterario di Le Monde e quello del Livre Inter, nonostante la vendita di quasi 100 mila copie dei miei libri, fino ad ora non ho mai messo piede in uno studio della televisione francese: lo scrittore Belezi non esiste. Oggi la Francia ha ancora difficoltà a riconoscere i comportamenti inaccettabili tenuti dal suo esercito e dai suoi coloni. Come ha fatto il Paese dei Diritti Umani a dimenticare fino a questo punto i suoi valori fondamentali? Questa è una domanda a cui è davvero difficile rispondere. Ma il mio ruolo di scrittore non è esattamente quello di porre questo tipo di quesito?
Ogni opera di colonizzazione è stata intrapresa in nome di questa famosa missione civilizzatrice. Era un modo per giustificare degli inaccettabili sbarchi di truppe ai quattro angoli del pianeta. E tutte queste manovre avevano un solo obiettivo: impossessarsi delle ricchezze del Paese colonizzato e ingrandire l’impero che i governi europei stavano edificando per affermare la loro potenza e imporre la loro influenza economica e culturale. Così, tra il XIX e il XX secolo si è registrata una sorta di «corsa all’impero» da parte dei Paesi d’Europa. Ma, per tornare alla Francia, va detto che la Terza Repubblica (1870-1940) fu prima di ogni altra cosa colonialista e razzista. E fino alla Seconda guerra mondiale (e anche un poco in seguito), nel Paese si esprimevano tranquillamente (sia che si fosse di sinistra come di destra) delle opinioni colonialiste e razziste. Tutto ciò con poche eccezioni, di cui si deve però evidentemente tenerne conto.
il manifesto, 6 luglio 2024