Il carcere è un luogo violento.
Il carcere è lo specchio estremo della società, ne riflette le tendenze e le contraddizioni nel suo punto più basso, più marginale meno democratico.
La nostra società è diventata una democrazia autoritaria che tende ad affrontare disagi e marginalità o dissensi e contestazioni con i soli mezzi della censura, dell’allontanamento, dell’internamento, della detenzione, della repressione.
Questa società coltiva la diseguaglianza per mantenersi in vita.
Non lo dicono solo i comportamenti dei Governi e delle Forze dell’ordine ma anche i numeri: mentre diminuiscono gli atti criminali, aumenta il numero dei reati e di conseguenza i detenuti… Proprio come aumentano le povertà e con esse il disagio.
Lo Stato usa il carcere o altre istituzioni di detenzione amministrativa come i Centri di permanenza per il rimpatrio o i “campi di concentramento” in Albania, quali strumenti per la risoluzione dei problemi sociali: la detenzione, l’allontanamento, l’isolamento sono le pratiche punitive e risolutive che mette in moto lo Stato per non affrontare le contraddizioni sociali. Il carcere diventa un luogo per i poveri e per gli emarginati che vengono travolti dalle necessità e da disagi sociali e personali.
Così il carcere perde qualsiasi funzione riparatrice e diventa esclusivamente privazione delle libertà personali e luogo di punizione, di espiazione.
Il carcere mette in pratica, sempre in modo estremo, tutti gli strumenti del controllo sociale: è in carcere che si pratica l’uso massivo di psicofarmaci, è qui che lo psicofarmaco assume ufficialmente il ruolo di strumento di controllo e di neutralizzazione della personalità. In carcere si apre la strada alla cultura concentrazionista di cui i Cpr sono la realizzazione.
E’ in queste condizioni che il carcere diventa luogo di disperazione e di violenza. Non parliamo di violenze occasionali, ma di violenza sistematica, organizzata, non parliamo di qualche mela marcia, ma di addestramento alla repressione brutale, con la complicità, spesso, dei direttori.
Il numero straordinario di morti suicidi in carcere sta diventando un dato ordinario. Questo è il segno più drammatico e violento di un sistema che ha abdicato alla pietas, alla possibilità di concedere un’altra occasione alle persone, che ha scelto l’annientamento delle persone che hanno sbagliato, di quelle fragili, sgradevoli ed emarginate, degli stranieri, degli irregolari, dei soggetti critici e ribelli.
E’ così che il carcere, questa istituzione brutale e inutile, ci rivela il vero volto della nostra società, questa è la forma operante della democrazia autoritaria.
Coordinamento Antifascista Biellese, 18 maggio 2024