Giorgia Meloni alla fine è “scesa in campo” anche per le prossime elezioni europee ed è riuscita a raggruppare in una sola volta almeno quattro inganni.
Primo. Meloni si candida capolista in tutte le cinque circoscrizioni elettorali europee, pur sapendo che non può essere eletta cinque volte. Se venisse eletta in più di una circoscrizione, dovrebbe sceglierne una e rinunciare nelle altre, beffando la maggior parte delle elettrici e degli elettori che l’avranno scelta come rappresentante della propria circoscrizione nel Parlamento europeo. Il fatto che anche altri politici si propongano in più di una circoscrizione non è un valido motivo per imitarli. La norma vigente consente le multi candidature, ma non è un comportamento giustificabile. Bisognerebbe invece cambiare la legge o evitare di utilizzarla strumentalmente.
Secondo. Meloni si candida alle elezioni europee, consapevole che – in caso di elezione – dovrà rinunciare al seggio, poiché già ricopre il ruolo di Presidente del Consiglio dei ministri in Italia. Ovviamente, essendo candidata, dovrà dedicare un po’ di tempo alla campagna elettorale, sottraendo questo tempo all’attività di governo. Non solo: sarà inevitabile che si presentino situazioni ambigue, nelle quali non si capirà se una determinata frase, magari riguardante l’Europa, sarà pronunciata dal Presidente del Consiglio dei ministri in carica o dalla candidata nelle liste del partito Fratelli d’Italia.
Terzo. Meloni si candida, pur conoscendo la legge vigente per le elezioni europee, che consente di «esprimere non più di tre preferenze. Nel caso di due o tre preferenze espresse, queste devono indicare candidati di sesso diverso, pena l’annullamento della seconda e terza preferenza». Di conseguenza una candidata donna che poi rinuncerà all’elezione, preclude la possibilità di dare più preferenze alle donne rispetto agli uomini. Infatti, chi sceglierà la candidata Meloni, potrà aggiungere soltanto un candidato maschio ed eventualmente un’altra candidata donna. Se invece non ci fossero candidature femminili “ingannevoli” si potrebbe dare la preferenza soltanto a una donna realmente candidata al Parlamento europeo o anche a due donne e a un uomo. Con candidature finte come quella della Meloni al massimo si potranno soltanto pareggiare le preferenze tra donne e uomini. Di fatto dare la preferenza alla Meloni impedisce di promuovere le altre donne in lista rispetto agli uomini.
Quarto. Meloni si candida chiedendo di scrivere come preferenza soltanto “Giorgia” e per rendere valido il voto espresso soltanto attraverso il nome si presenta come candidata “Meloni Giorgia detta Giorgia”. Questo modo di farsi conoscere sarebbe logico per chi di solito viene chiamato con un nome diverso da quello di nascita. Per esempio Pannella Giacinto detto Marco. Ma presentarsi come “detta Giorgia” quando ci si chiama già “Giorgia”, costituisce in realtà una presa in giro e contemporaneamente una furbata per mostrarsi come una politica che si fa chiamare soltanto per nome e non più per cognome, come l’amica di ogni elettrice o elettore. Aveva ragione Umberto Eco: «Darsi sempre del tu è una finta familiarità che rischia di trasformarsi in insulto».
Rocco Artifoni, Volere la luna, 29 aprile 2024