1. No al recente pacchetto sicurezza del Governo che semplifica tragicamente la nostra società attraverso un inutile e ingiusto inasprimento del modello di repressione penale e carceraria. La sicurezza è una cosa seria e non può essere declinata solo in termini di proibizioni e punizioni. La sicurezza si conquista con inclusione lavorativa e reddito, offerta generalizzata di salute fisica e psichica, città aperte e a disposizione anche nelle roe notturne di donne e uomini, solidarietà sociale verso le fasce più bisognose della popolazione. La sicurezza è prima di tutto sicurezza sociale, lavorativa, umana. Il pacchetto sicurezza del Governo, che fa seguito alle norme già approvate su rave parties, minori e migranti, è una forma di di strumentalizzazione delle paure delle persone e di divisione manichea della società in buoni e cattivi. No al governo nel nome della paura e sì al governo nel nome della solidarietà di cui all’articolo 2 della Costituzione.
2. No alla criminalizzazione delle lotte sociali e alla trasformazione in reati di comportamenti che hanno a che fare con grandi questioni sociali (la casa e il diritto all’abitare) o stili di vita giovanili (i writers). Temi come quelli delle occupazioni delle case vanno affrontati con le tradizionali vie del welfare comunale, del dialogo, della composizione dei conflitti.
3. No all’aumento di pene ogniqualvolta il reato sia commesso nei confronti di un pubblico ufficiale. E’ questa una idea di diritto penale che risale a tradizioni giuridiche reazionarie. Non si vede perché un cittadino comune che non indossa la divisa valga di meno di uno che lavora in nome e per contro dello Stato. Nello stato liberale tutti valiamo uguali e non c’è gerarchia di valore tra le persone.
4. No alla cattiveria mascherata da certezza della pena. La norma che prevede il carcere per le donne in stato di gravidanza è una norma simbolo contro le donne rom. Rischia di assecondare le pulsioni razziste già presenti nella società. Parliamo di una decina di persone in tutta Italia. Non è questa sicurezza ma cattiveria, disumanità contro le donne e contro i bambini che nasceranno.
5. No al reato di rivolta carceraria. Con il nuovo delitto di rivolta nasce il reato di lesa maestà carceraria. Il governo ha deciso di stravolgere il modello penitenziario repubblicano e costituzionale, ricollegandosi al regolamento fascista del 1931. Il crimine di rivolta carceraria, così come delineato all’interno del pacchetto sicurezza, sarà un’arma sempre carica di minaccia contro tutta la popolazione detenuta. La violenza commessa da un detenuto verso un agente di Polizia penitenziaria, che già prima era ampiamente perseguibile, ora è parificata alla resistenza passiva e alla tentata evasione. In sintesi se tre persone detenute che condividono la stessa cella sovraffollata si rifiutano di obbedire all’ordine di un poliziotto, con modalità nonviolente, scatterà la denuncia per rivolta e una ipotetica condanna ad altri 8 anni di carcere senza potere avere accesso ai benefici penitenziari, in quanto la rivolta viene parificata ai delitti di mafia e terrorismo. È la trasformazione del detenuto in corpo docile che deve obbedire. Con il delitto di rivolta carceraria, che varrà anche per i migranti reclusi nei Cpr, è evidente il richiamo alle norme presenti nel regolamento carcerario fascista del 1931 quando si prevedeva che «i detenuti devono passeggiare in buon ordine e devono parlare a voce bassa» o che per «dare spiegazioni alle persone incaricate della sorveglianza i detenuti sono obbligati a parlare a bassa voce» o infine che «sono assolutamente proibiti i canti, le grida, le parole scorrette, le domande e i reclami collettivi».
6. No alla proliferazione delle armi nelle nostre strade. Consentendo a circa 300 mila persone appartenenti alle forze dell’ordine di usare un’altra arma, diversa da quella di servizio, americanizziamo il modello di ordine pubblico mettendo a rischio la sicurezza delle persone. Più armi ci sono per le strade e nelle case, più morti ammazzati ci saranno.