L’iniziativa sperimentale antiinflazione del governo Meloni, per far credere di calmierare per tre mesi un paniere di prodotti, un carrello tricolore della spesa appunto, è una trovata pubblicitaria ma di inconsistente valore concreto.
Non solo e non tanto perché è a base volontaria dei negozi e aziende. Non solo e non tanto perché i prodotti non sono gli stessi per tutti i punti vendita così almeno da poterli subito confrontare. Non solo e non tanto perché i prodotti interessati non avranno lo stesso prezzo e perché il prezzo bloccato non si sa su quale prodotto della stessa tipologia sarà applicato (a caso, a scelta, il più basso di prezzo, di qualità?). Neanche perché per una spesa media mensile di una famiglia fragile il rischio concreto è che sia costata più la pubblicità e i cartellini che lo sconto…
La realtà è ancora più cruda e beffarda. Il sacchetto che soffoca il consumatore è sempre in mano alla grande distribuzione e alla catena distributiva che ha margini enormi in confronto al produttore perché ha centrali di acquisto, spesso in rete con i concorrenti, che dettano le regole a tutti gli altri. Questo sperimentale prezzo bloccato o sconto che dir si voglia non ha infatti né strumenti di trasparenza né di verifica. Già oggi le grandi catene distributive applicano sconti e ben superiori a quanto previsto da questo accordo volontario, lo vediamo dai cartelli pubblicitari, dai volantini nelle cassette postali, nei manifesti alle fermate dei bus, ogni settimana c’è un 3×2, 50%, prezzi ridotti… E mai che abbiamo strumenti per verificare se è uno sconto reale oppure è solo una riduzione da un prezzo già alzato o più alto precedentemente.
Nella filiera del prezzo è lecito domandarsi poi chi lo paga lo sconto?
O siamo solo consumatori? Non è una domanda secondaria, tanto più che oggi già i medi produttori, han margini molto bassi a tutto vantaggio della distribuzione.
L’unico modo vero di contenere i prezzi, di dare strumenti al consumatore di verifica, di scelta e di trasparenza è svelare come la ricchezza viene mal distribuita nella catena della formazione del prezzo pagato dal consumatore e per questo – lo hanno insegnato Gino Veronelli e Pino Tripodi – c’è uno strumento solo: il prezzo sorgente. Esponendo chiaramente, sulla confezione, nel banco del negozio, insieme al prezzo finale, anche il prezzo pagato al produttore e, al più, vedere qual è il margine applicato dal negozio.
Altrimenti il carrello tricolore è un inganno come la monetina da un euro, fatta non per poter prendere il carrello ma per costringerti a rimetterlo a posto da solo.
Paolo Trezzi, 3 ottobre, Comune-Info