Il commento di Alvise Marin, uscito su Altraparola all’ultimo libro di Roberto Finelli, “Filosofia e tecnologia. Una via di uscita dalla mente digitale” (Rosenberg&Sellier, 2022) rileva come l’autore di “Per un nuovo materialismo“, approfondendo il nesso tra soggettività umana e mondo della tecnica e insistendo “sulla non riducibilità della stessa vita organica alla processualità macchinica”, sostenga con la ricerca di una nuova teoria della soggettività la profonda discontinuità ontologica tra vivente e macchinico.
La tecnologia moderna non è neutra, riunisce in sé l’applicazione della scienza con il comando eterodiretto e normato sul lavoro, assimilato a cosa tra cose, in funzione dell’intensificazione della produttività. Mentre il fordismo irregimentava i corpi rimuovendone la mente, il capitalismo digitale fa l’operazione opposta, costringendo al lavoro una mente, che avendo tagliato i ponti con la propria corporeità, risulta una mente astratta. Forse è il corpo, con i suoi limiti, a porsi come un argine ad un pensiero alienato e dis-incarnato.