I Cpr, che ora hanno assunto la dizione Centro di permanenza per il rimpatrio, sono luoghi di privazione della libertà, con garanzie inferiori a quelle della custodia in carcere. Eppure qui vengono rinchiusi, tra alte mura, filo spinato e telecamere, chi non ha commesso alcun reato, ma è uno straniero identificato come “irregolare” o “clandestino” e espellibile. Giulia Vicini, avvocata dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), conosce bene i Cpr, in particolare quello di Milano. Qui ce ne parla, dopo l’entrata in vigore del nuovo decreto, in un articolo apparso in, ComuneInfo/Benvenuti ovunque