Riportiamo qui un articolo apparso sull’inserto de il manifesto, l’Extra Terrestre. Luca Martinelli illustra il documento Lo Stretto di Messina e le ombre sul rilancio del ponte, preparato da Kyoto Club, Lipu e WWF. Il documento demolisce le ragioni del ponte, la sua utilità, la sua fattibilità e denuncia il grave impatto ambientale. All’articolo che segue alleghiamo il documento integrale.
Lo Stretto di Messina e le ombre sul rilancio del ponte
Dieci anni fa, nell’aprile del 2013, la società che avrebbe dovuto realizzare il Ponte sullo Stretto di Messina finì in liquidazione. Nel 2023, a fine maggio, il Parlamento ha approvato una nuova legge per fare il Ponte: sul sito del ministero della Infrastrutture, guidato da Matteo Salvini è comparsa pure una sezione di FAQ, che si pronuncia fuck ma si legge frequently asked question, ossia tutto quello che avreste voluto sapere sul famigerato Ponte, compreso il fatto – virgolettiamo – che il progetto «costituisce il percorso finale di oltre quaranta anni di studi», ovvero di un’idea nata negli anni Settanta.
Kyoto club, lipu e wwf hanno reagito all’approvazione del decreto legge che rilancia il progetto del 2011 del ponte ad unica campata, un’opera dal costo di 14,6 miliardi di euro e dal valore indeterminato (nel senso che i benefici non sono misurabili, né è certa la sua costruibilità), con un dettagliato dossier: Lo Stretto di Messina e le ombre sul rilancio del ponte, a cui ha contributo un qualificato pool di esperti, fa il punto sulle principali questioni che rimangono irrisolte ed è la fonte di questo articolo.
Fattibilità. Nel 2021 un gruppo di lavoro dell’allora rinominato Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile (MiMS) evidenziò i punti di debolezza del progetto di ponte ad unica campata del 2011, quello redatto dal General Contractor Eurolink. In particolare, la scelta di ubicare l’opera nel punto di minima distanza tra Sicilia e Calabria, che allontana l’attraversamento dai baricentri delle aree metropolitane di Messina e Reggio Calabria, e quelli collegati al vento e agli eventi sismici (in una delle aree a più elevato rischio sismico del Mediterraneo). Inoltre, il ponte sospeso avrebbe una luce maggiore del 50% di quella del ponte più lungo ad oggi realizzato al mondo.
Il franco navigabile. Il ponte nella parte centrale (pari a circa 600 metri) garantisce un franco navigabile di 65 metri, in presenza delle massime condizioni di carico, e di 70 metri, in assenza di treni e mezzi pesantisi ma questo, secondo il dossier, bloccherebbe il transito delle più grandi portacontainer in rotta dall’Oceano Indiano verso Gioia Tauro, cittadina calabrese sulla costa tirrenica, il più importante scalo italiano di transhipment.
Il costo e la gara. Secondo gli ambientalisti non è possibile ridare vita al contratto con Eurolink, decaduto dieci anni fa. Servirebbe una nuova gara. Inoltre, il prezzo di riferimento attualizzato, rispetto al valore originario del Ponte che era di 3,9 miliardi di euro del 2003, è oggi di 6,065 miliardi di euro, quindi quello attuale è ben oltre il limite massimo entro cui il valore di un’opera può crescere (50%) senza obbligare a una nuova gara.
Gli aspetti finanziari. Sotto il profilo finanziario, inoltre, Kyoto Club, Lipu e Wwf evidenziano che il rischio dell’investimento e della gestione dell’infrastruttura sarebbero a carico pubblico: fu, del resto, il gruppo di lavoro del MiMS a sostenere che la brevità del percorso di attraversamento e delle relative opere connesse non consente di prevedere un numero di pedaggi a carico degli utenti in grado di consentire un’operazione di project financing.
Il traffico. Questo anche perché i flussi di traffico non ripagano l’opera. Lo spiegano i dati raccolti dal ministero (quello di prima): il 76,2% degli spostamenti su nave in ambito locale (i pendolari) avviene da parte di passeggeri senza auto e complessivamente coloro che ogni giorno si muovono tra le due sponde sono 4.500 persone. Per quanto riguarda il trasporto su ferro il canone di utilizzo della infrastruttura ferroviaria sarà determinato, secondo quanto viene detto nel decreto legge sul ponte, in misura tale da perseguire la sostenibilità ambientale dell’opera, costituendo una vera e propria tassa sul trasporto ferroviario. Mentre il traffico su gomma previsto sarebbe di 11,6 milioni di auto, a fronte di una capacità annua della infrastruttura pari a 52,56 milioni, con un grado di saturazione modesto che non giustifica l’opera.
Valutazione di impatto ambientale. Secondo gli ambientalisti la procedura va rifatta perché – come viene stabilito nel Codice dell’ambiente – sono passati oltre cinque anni senza che il progetto sia stato realizzato. Inoltre, nel frattempo si è modificato l’articolo 9 della Costituzione, che oggi oltre al paesaggio tutela l’ambiente e gli ecosistemi. Il dossier ricorda comunque che nel 2013 la Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale VIA e VAS rilevò che nel progetto definitivo su 27 prescrizioni solo 6 risultavano ottemperate, 18 solo parzialmente ottemperate (tra cui gli aspetti geo-sismo-tettonici e idrogeologici) e 1 non ottemperata (2 non competevano al Ministero dell’Ambiente).
Il valore naturalistico. Il ponte non è amico degli uccelli migratori, e sarebbe una barriera trasversale alla migrazione. Lo Stretto di Messina è un’area cruciale per la migrazione afro-euroasiatica in cui transitano centinaia di specie di uccelli, con passaggi stagionali nell’ordine delle decine di migliaia di individui di rapaci (38 specie) e nell’ordine dei milioni di individui per molte altre specie. Del resto è considerato uno dei punti di concentrazione della migrazione dei rapaci diurni e delle cicogne più importanti del Paleartico occidentale.
Il paesaggio. Nel progetto del ponte sullo Stretto di Messina, osservano gli ambientalisti, manca dal punto di vista paesaggistico una visione olistica che consideri la armatura eco-paesaggistica dell’intera area e non c’è alcun rispetto dei vincoli e prescrizioni esistenti dettati dalla pianificazione territoriale locale.
Legittimita’ costituzionale. I giuristi che hanno contributo alla stesura del dossier contestano la legittimità costituzionale delle norme introdotte nella legge di Bilancio 2023 e dal Dl 35/2023, per la sospetta violazione dell’articolo 9 e anche dei successivi articoli 32 (tutela della salute) e 41 (iniziativa economica privata) della Costituzione, perché la tutela del paesaggio e dell’ambiente rientra tra i principi fondamentali e prevale nel bilanciamento dei valori. «Le norme che dispongono la realizzazione di un progetto, privo di valutazione ambientale in spregio alla vocazione naturalistica dei luoghi di rara bellezza e fragilità in ambiti tutelati delle direttive comunitarie per la più alta concentrazione di biodiversità al mondo, sono irragionevoli in quanto non considerano l’opzione zero» scrivono.
Luca Martinelli, il manifesto, l’Extra Terrestre, 1/6/2023