Vertenza ex Gkn: il ritorno a una minima forma di reddito, con la cassa di integrazione straordinaria fino a dicembre, è l’unica buona notizia. L’RSU ex Gkn chiede: “pagamento rapido da parte dell’Inps, pagamento da parte di Qf di tutte le spettanze arretrate, intervento pubblico ora, per la fabbrica pubblica e socialmente integrata, per la reindustrializzazione dal basso”.
[Campi Bisenzio, 19 maggio 2023]
La concessione della cassa integrazione straordinaria fino al dicembre 2023 pone fine a sette mesi senza stipendio rompendo, almeno per la componente del reddito, l’assedio all’assemblea permanente. Ma è l’unica buona notizia: decine di lavoratori si sono dovuti licenziare, sono state lasciate persone in morosità incolpevole, senza reddito in mezzo alla crisi inflattiva più grave degli ultimi trent’anni, senza possibilità di bloccare i mutui di fronte ai progressivi rincari dei tassi variabili. E oltre a questo, Qf deve ancora pagare tutte le spettanze arretrate.
La Rsu sottolinea come non si tratti di una cassa per cessazione d’attività: “Ci dicevano che la cassa per cessazione d’attività era l’unica compatibile con la liquidazione dell’azienda. Hanno provato implicitamente e sottotraccia a farci accettare il suicidio assistito per fame. Non sono passati. Questa cassa, concessa in regime di liquidazione, non è per cessazione”
“Questa cassa è in deroga a qualsiasi regola finora conosciuta” sottolinea ancora l’RSU ex Gkn, “dimostrando che il Governo poteva tutto e che nulla ha fatto: avrebbero potuto risolvere la questione del reddito in qualsiasi momento, con decretazione d’urgenza, hanno atteso mesi. E quando hanno deciso di intervenire, l’hanno fatto esattamente dando a Borgomeo quanto Borgomeo chiedeva: una cassa (inserita nell’articolo 30 del decreto lavoro, Gazzetta Ufficiale del 4 maggio, cucita addosso a QF) senza piano industriale, prospettiva, costrutto, retroattiva e senza neppure consultazione sindacale“.
Questa operazione ha sancito il principio che si può non pagare gli stipendi per mesi, sequestrando contratto nazionale, Cud, permessi, ferie, buste paga. E tutto questo mentre l’azienda spariva per mesi dai tavoli e dai propri doveri contrattuali e decine di lavoratori si licenziavano. Questo ha determinato oltre 200 decreti ingiuntivi accolti dal Tribunale e 5 sentenze a favore dei lavoratori: il Governo con la cassa condona retroattivamente il dovere dell’azienda di pagare gli stipendi, cancellando con un gesto di spugna i decreti ingiuntivi.
Questa cassa, a pagamento diretto Inps e decisa senza consultazione sindacale, avviene senza alcun accordo a latere, di anticipo, rotazione, gettone a integrazione e in violazione dell’accordo quadro del 19 gennaio 2022, di fatto inapplicato. Resta una domanda inevasa, per l’RSU ex Gkn: “ora che riparte la girandola di tavoli, che valore ha firmare accordi con chi non li rispetta e senza che nessuno agisca per farli rispettare?“.
“Siamo arrivati a due anni di cassa integrazione. Fatto una volta, lo si può fare altre volte” chiarisce l’RSU. “Il Governo ha deciso di nazionalizzare di fatto i nostri stipendi, a questo punto chiediamo che lo Stato entri nell’intero processo di reindustrializzazione. Che sostenga con intervento pubblico la reindustrializzazione dal basso e l’unico piano industriale che è in campo oggi, quello elaborato dal comitato tecnico e scientifico solidale del Collettivo di fabbrica“.
La reindustrializzazione ventilata da Borgomeo è stata usata fino ad oggi come un miraggio per prendere e perdere tempo, sostituendo i licenziamenti dichiarati al lento sgocciolio dei licenziamenti di fatto e confondendo l’opinione pubblica. Una situazione che non è specifica per Gkn, basterebbe ricordare Eutelia, Imbraco, Blutech, forse Wartsila. “Gkn/QF è di fatto un caso di deindustrializzazione, di confusione, di delocalizzazione, di assenza di politica industriale, come tutti gli altri” sottolinea l’RSU. “La differenza qua sta nella resistenza che abbiamo opposto a questo processo e nell’esistenza di un piano di reindustrializzazione dal basso“.
“Chi oggi parla di reindustrializzazione ha il dovere di dire che ad oggi, al di là del piano industriale dal basso del Collettivo di fabbrica e dello scouting pubblico, non c’è nulla” conclude l’RSU. “Ma ha anche il dovere di chiarire con quali mezzi intende farlo. Il mondo solidale attorno al Collettivo di fabbrica ha raccolto 174.000 euro di crowdfunding, il mezzo societario con cui i lavoratori possono determinare la propria stessa reindustrializzazione è una forma cooperativa. Chi parla di reindustrializzazione, fornisca risposte puntuali, perché se non sei chiarezza, sei parte della confusione. E la confusione serve a generare divisione, la divisione genera rassegnazione, la rassegnazione è solo il preludio della resa“.
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