Sentiamo sempre più spesso questo termine. È la parola giapponese per definire le persone che vivono in condizione di isolamento volontario. Nel Paese asiatico il fenomeno è diffuso e studiato ormai da decenni.
Noi preferiamo chiamarlo RITIRO SOCIALE.
Una situazione che coinvolge sempre più adolescenti e giovani adulti anche in Italia. Ragazzi e ragazze che a un certo punto abbandonano la scuola, smettono di frequentare i coetanei e riducono al minimo i contatti anche coi familiari più stretti. Si chiudono nelle proprie stanze, per mesi o addirittura anni, con uno schermo come unica finestra sul mondo.
Perché accade?
I motivi sono diversi e hanno poco a che fare con dipendenze o condizionamenti da internet o smartphone. I ragazzi e le ragazze in ritiro sociale volontario usano l’isolamento come forma di autodifesa, rispondendo con questa forma di resistenza ai principi, ai dettami, ai tempi e alle forme relazionali di una società che li vuole sempre prestazionali, impeccabili, senza possibilità di errore. Abbiamo voluto accendere una luce sulle loro storie e bussare a quelle porte chiuse. Non per giudicarli, ma per provare a riaccompagnarli al mondo.
Due le chiavi a disposizione: accoglienza e conoscenza.
Il progetto Nove3/4, attivo ormai da tre anni e premiato dall’Accademia dei Lincei per il suo approccio innovativo, ha incontrato decine di ragazzi e ragazze e le loro famiglie. Attraverso un paziente lavoro di ascolto e l’organizzazione di laboratori tagliati sugli interessi e le inclinazioni dei giovani accolti, gli educatori ogni giorno costruiscono fiducia, in sé stessi e negli altri.
Hikikomori-L’indagine
Lo studio “Vite in disparte”, prima indagine statistica nazionale, realizzata dal Gruppo Abele insieme al Cnr, ci ha permesso di scoprire che più di 50mila giovani fra i 15 e i 19 anni sono oggi in condizione di ritiro sociale volontario.
Vite in disparte-Guida alla lettura
