Vincenzina non è più davanti alla fabbrica

A 10 anni dalla morte, per ricordare Enzo Jannacci, persona da noi amatissima, musicista e cantante straordinario, riportiamo un articolo di Francesco Brisco, apparso su il manifesto, in occasione dell’uscita del libro Ecco tutto qui, di Enzo Gentile, per la Hoepli.

Jannacci secondo Jannacci

«Sono cresciuto con la sua musica. Ho ancora il 45 giri di Vengo anch’io regalatomi da bambino, e conosco Paolo da quando era egli stesso un bambino». Così Enzo Gentile, anello di congiunzione tra pubblico e privato in Enzo Jannacci: Ecco tutto qui, edito da Hoepli a dieci anni dalla scomparsa dell’artista milanese. Suo scopo primario, riesaminarne l’opera in chiave storico-critica «riscoprendo il musicista influenzato dal rock’n’roll, dal jazz di Monk e Powell e dal teatro di Dario Fo. Ma ricordando anche l’attività per cinema, tv, pubblicità, la professione di medico, le passioni». Jannacci era questo e altro, transmediale «a sua insaputa». Come le voci che lo raccontano, «da Paolo Rossi e Massimo Boldi ai colleghi Paolo Conte e Vasco Rossi, fino a Gianni Rivera, personificazione della fede milanista».

Una rubrica di affetti le cui pagine incrociano quelle del diario familiare di Paolo, che esordisce citando Lacan parafrasato dal suo vecchio professore Massimo Recalcati: «Le canzoni del papà sono un mezzo per tornare dal campo anonimo e universale del linguaggio a quello enigmatico e pulsionale del soggetto. Se ci pensi, è ciò che le accomuna al jazz», la cui pratica aveva insegnato a Jannacci, eccellente pianista, l’importanza di costruire partendo dalla mano sinistra. «Desiderava una ricchezza armonica e orchestrale non indifferente. Amava usare i fiati, ma anche quando si accompagnava solo con la chitarra partiva sempre dall’armonia. La sua era una ricerca compositiva di stampo quasi romantico, che si legava alla componente poetica e a quella istrionica». Come aveva già compreso Umberto Eco, secondo cui «l’arte di Jannacci è multimediale, gioca su tre registri: parola, musica e mimica». Un’altra citazione colta in un volume che rimette al centro l’opera: «Siamo partiti da quella, da un elemento espressivo reale, mediandolo ovviamente col nostro metro di giudizio… Altrimenti lo avremmo chiamato “Manuale del perfetto Jannacci”!». E quanto sarebbe stato ligio, Jannacci jr., a un simile prontuario? «Agli inizi ben poco. C’era un po’ di conflitto, gli dicevo: “Tu fai il cantante, io penso a tutto il resto”. Ora non potrei fare a meno del suo modo di trattare l’animo umano e i suoi drammi. Sono fortunato ad aver ricevuto la sua lezione, mi ha insegnato a cogliere i tratti psicologici delle persone, a mediare, a riderci su. Siamo fatti male in partenza, tutti noi. Serve un lavoro di sottrazione dell’egoismo e della rabbia con cui nasciamo. Con papà se ne parlava sempre».

Un messaggio che oggi vede «sterilizzato» dalle dinamiche dell’industria musicale e dal politically correct: «Ho fatto tutto il mio ultimo album [Canterò, 2020] pensando a cosa non dire. Ma che gusto c’è a fare i menestrelli se dobbiamo essere sempre decapitati?». La libertà espressiva è proprio ciò che più riaffiora dalle canzoni di Enzo, «ma anche da quelle di Bennato, o Camerini… Rispetto ai cliché della musica di oggi, un giovane ascoltatore si chiederebbe: “Da dove vengono? Cosa raccontano? Ma cantano?… Come insegnante però sono stato fortunato, ho sempre avuto ragazzi attenti alla musica di ogni epoca e stile, e a ciò che serve per la professione. E lo stesso si può dire di tanti giovani artisti… penso ai Colla Zio».

Un’altra lezione di Enzo, il cui ricordo sarà al centro di ulteriori iniziative, dal film di Giorgio Verdelli previsto per settembre al concerto del 3 giugno al Teatro Arcimboldi, cui Paolo tiene tantissimo: «Si chiamerà Jannacciami, sarà uno spettacolo onesto, scenografia sobria con una bellissima radio da cui uscirà la voce di mio padre: “Guarda la radio, è un souvenir…” . Ci saranno i suoi musicisti, mentre io sarò sul palco con un nonetto. La Vanoni ha detto “vengo, se sono ancora viva” ; ho invitato Paolo Rossi, Ale e Franz, Elio…».

Francesco Brisco, il manifesto, 1/3/2023

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