“L’ubbidienza è comunque una virtù? Di fronte alla legge ingiusta non c’è modo di reagire legalmente? È possibile essere “ribelli secondo il diritto”, secondo la Costituzione? Si deve ubbidire sempre, anche quando la legge è la legalizzazione dell’arbitrio? Davvero la Costituzione immagina, come condizione ideale, una massa d’individui passivi, marionette mosse dai fili tenuti in mano dal burattinaio-legislatore? L’obbligo di ubbidire alla legge vale anche quando lo Stato di diritto si trasforma in “Stato di arbitrio” o “di delitto”, secondo la celebre espressione che Hannah Arendt ha usato a proposito di certi regimi dell’Europa tra le due guerre?”
Questi sono gli interrogativi ai quali Gustavo Zagrebelsky, in un articolo apparso qualche mese fa su la Repubblica, cerca di dare risposta all’interno del solco della Costituzione. Si può disubbidire alle leggi, anzi si deve, se in gioco sono la difesa della libertà di pensiero e di azione, se è per garantire il diritto ad una vita dignitosa per tutte e tutti, se è per garantire il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale.