La discussione critica sul potere dei dati e sulla loro capacità di fornire una rappresentazione adeguata, attraverso preferenze, abitudini e comportamenti, delle persone è ormai avviata. Uno dei testi più interessanti di questo ampio dibattito è il volume di Nick Couldry e Ulises Mejias: Il prezzo della connessione, Il Mulino, pp. 384, euro 39, traduzione di Paola Palminiello; (edizione originale The costs of connection, Stanford University Press, 2019).
Il volume sostiene che la colonizzazione della vita attraverso i dati è il piano del “capitalismo coloniale” per continuare il processo di appropriazione di spazi, risorse e persone.
Il processo di enclosures nel Seicento rese possibile la privatizzazione dei pascoli inglesi e l’acquisizione delle terre e del surplus economico, dando inizio all’accumulazione che è all’origine del capitale della prima rivoluzione industriale. Il land grabbing non si fermò al Regno Unito, ma cercò nelle colonie nuovi spazi di espansione. L’espropriazione delle terre comuni, considerate senza proprietari, da allora non si è mai interrotta.
Oggi siamo in una fase in cui il capitale è alla ricerca di nuovi spazi di estrazione e astrazione, che sono solo in parte “fisici”, ma si concretizzano, soprattutto, in conoscenze, informazioni e dati.
Qui una interessante e esauriente intervista di Teresa Numerico a Nick Couldry, che risponde anche a nome del suo coautore Ulises Mejias, l’intervista è apparsa su il manifesto dell’8 novembre 2022.