Noi non dimentichiamo nulla

Quest’anno non ci siamo impegnati a commemorare la strumentale Giornata del Ricordo. Un po’ perché impegnati in altro, un po’ perché stufi di inseguire le numerose “giornate del…”, che spesso nascondono il bisogno impellente di pulirsi la coscienza sporcata dalle nefandezze del passato e del presente. Mentre la Regione Piemonte partorisce un mostruoso e “fascistoso” manifesto, il Comune di Biella organizza la solita conferenza dei rimpianti per la patria perduta (per colpa dei comunisti), noi lasciamo la parola a Sonia Modenese che ha messo questo testo sul suo profilo Facebook e la ringraziamo.

Anticipo, per tutti i revisionisti  e per i semplicisti CHE IL FASCISMO FU CAUSA DELLA RESISTENZA E NON FU VITTIMA DEI PARTIGIANI ANTIFASCISTI CHE SEMPLICEMENTE VOLEVANO LIBERARE TERRE E PERSONE DALL’ORRORE DEL NAZIFASCISMO.

L’ingresso dell’Italia nella Grande Guerra fu subordinato all’acquisizione in caso di vittoria di Istria, Fiume e Dalmazia, territori multilingue dove da secoli il gruppo di lingua italiana era molto forte. 
Il trattato di Versailles del 1919 riconosce all’Italia solamente l’Istria e Trieste ma non Fiume e la Dalmazia;  il risentimento per la “vittoria mutilata”, la grande crisi economica e le promesse non mantenute ai reduci di guerra, generarono quella frustrazione nella quale il fascismo seppe inserirsi in maniera efficacissima, schierandosi da subito col grande capitale fondiario e industriale.

Sul confine orientale e a Trieste in particolare lo squadrismo si manifesta soprattutto con missioni violente contro gli slavi, sostenute da scelte politiche in cui non vi era nessuno spazio per le minoranze linguistiche che a Trieste rappresentavano 1/3 della popolazione; con l’Impero asburgico Trieste era un crogiuolo di popoli, una zona multilingue e meticcia : dal 1922 in poi subi’ decenni di italianizzazione forzata poiché l Italia fascista era assolutamente contraria ad ogni forma di rispetto delle diversità e delle minoranze . La conseguenza è un esodo degli slavi stimato in 100- 120 mila persone che impaurite se ne vanno (Purini 2010).

Nel 41 l’Italia invade per intero la Slovenia allargando il territorio destinato dal trattato di Parigi con una aggressione senza precedenti; più a sud si forma uno stato fantoccio filonazista guidato da Ante Pavelic il regime ustascia, la cui attitudine genocida viene ricordata dal campi di sterminio di Jasenovac dove furono attivi due forni crematori.
Nella sola provincia di Lubiana inizia la deportazione di circa 35.000 persone con il gotha dell’esercito fascista da Robotti a Grazioli a Roatta impegnati con più di 60.000 soldati e allestimento di campi di concentramento dalla Croazia al veneto con lo stile italiano in questo tipo di guerra, già sperimentato in Africa:   Il campo di Rab da solo ospitava 20.000 persone con le latrine costituite da buche a cielo aperto e 3 rubinetti con acqua per sei ore al giorno che dovevano bastare per 20.000 persone, cibo scarsissimo e mortalità che superava quella di Buchenwald (Capogreco- i campi del duce)

L’8 settembre del 43 si scioglie l’esercito italiano, si forma grazie ai nazisti la repubblica di Salò e senza quartiere diviene la lotta tra i nazifascisti e la resistenza. La dominazione italiana fascista e nazista è stata cruenta e violentissima nei confronti della popolazione autoctona slava:  la retorica raccontava di un’Italia che avrebbe dovuto civilizzare la razza inferiore slava, la realtà ci descrive un quadro di stragi, stupri, e tentativo di sostituzione etnica: il revisionismo sorico in auge dagli anni 90 tenta brutalmente di rimuovere la storia, costruendo un mito tecnicizzato che vede le vittime solo perché italiane, con una narrazione che prescinde dagli orrori razzisti ed etnici perpetrati non da italiani in quanto tali  ma da fascisti italiani e nazisti.

I partigiani iugoslavi di Tito  hanno combattuto una legittima guerra di liberazione, ben sapendo noi che se la guerra finisce sul campo, non finisce nell’animo di chi ha visto ammazzare figli e padri, e perpetrare ogni forma di violenza. Il caso foibe rientra a pieno titolo in questo quadro drammatico, un minimo di bibliografia prevede: Don Brignoli– Le spietate rappresaglie contro i partigiani in Croazia; Di sante– Italiani senza onore; T. Ferenes– Si ammazza troppo poco; Parovel– L’identità cancellata; Collotti– Razzismo anti slavo; Matiassi– La deportazione dei civili sloveni e croati

Le foibe furono una vergogna per l’umanità: in esse furono occultati nell’arco di 50 anni i cadaveri di migliaia di persone sia nella prima guerra mondiale, sia nella seconda,  migliaia di istriani durante l’occupazione nazista dopo l’8 settembre, sia fascisti italiani  e nazisti infoibati dai partigiani titini, sia, sicuramente furono oggetto di rappresaglia persone civili, così come certamente furono attuate vendette personali, abusi, stupri e tutto il corollario che la violenza della guerra porta con se. 

È innegabile che la celebrazione e i messaggi costruiti per il giorno del ricordo, sviano, evitano e non parlano del contesto nel quale quelle violenze avvennero, prescindendo dai fatti che le hanno precedute, costruendo un mito tecnicizzato che ha valore solo per i revisionisti e per coloro che ignorano o che vogliono ricostruire i padri, annoverando in questo gruppo amministratori appartenenti alle nuove destre o insegnanti che in modo superficiale e acritico applicano pedissequamente la legge del 2004.

Sonia Modenese

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