In difesa del pensiero critico

Quando il pensiero razionale si fa ideologia può diventare dogmatico e intollerante. Il pensiero razionale è pensiero critico. Il pensiero critico induce al dubbio, non si trincera, non aggredisce, perché non produce certezze.

Molti intellettuali “progressisti”, anche comunisti, ribadiscono, giustamente, di credere nella scienza. Ma molti sembrano ignorare che la ricerca scientifica è collettiva ma non pubblica (tanto meno “comune”). La ricerca scientifica è prevalentemente finanziata da produttori di tecnologie, siano software, macchine o medicine. Merci che per essere prodotte, distribuite e consumate seguono le regole del mercato, cioè gli interessi privati.
E’ scegliere la scienza e il suo metodo che ci dà il diritto di criticarla quando questa è il prodotto di esigenze tecnologiche, quindi del mercato, o quando diventa strumento politico per salvaguardare un potere o per abbatterlo.

Quegli stessi intellettuali ribadiscono, giustamente, il dovere dello Stato di difendere la salute e la vita dei cittadini, ignorando, forse, che lo Stato è una entità astratta se non prende corpo attraverso i governi che ne determinano l’azione. E i governi si giudicano dalle scelte e dalle azioni che compiono. Per questo il cittadino ha il diritto di criticare il governo.
Criticare il governo per le politiche economiche e sociali: per le scelte inique e di classe, per le privatizzazioni, l’assenza di investimenti e di politiche di trasformazioni strutturali, è giusto e necessario.
Appare bizzarro che per difendere il ruolo “insostituibile” dello Stato, quegli intellettuali abbiano quasi del tutto sospeso la critica agli errori, le contraddizioni, le inadempienze nella gestione della “pandemia”.

Ci riferiamo ad una politica di contrasto al virus mirata a salvaguardare la produttività e i consumi e non la salute dei cittadini. Per questo rimandiamo al post successivo Tutti gli errori e i danni della lotta al virus di P.G.Ardeni, apparso su il manifesto del 15 gennaio.

Questo governo non è stato capace di svolgere un ruolo di tutela per tutti e tutte; l’istituzione del green pass diventa così lo strumento di ricatto o per distinguere i “buoni” dai “cattivi” e alimentare la cultura dello stigma.

L’autocensura degli intellettuali sembra aver risparmiato, almeno in parte, le critiche alle scelte economiche e sociali del governo.
Non così per i media (tutti, carta stampata e TV) che esaltano ciò che viene fatto dal governo del “ragioniere” Draghi e trasformano tutto in chiacchiericcio politico, oltre ad allarmare i cittadini!

La nostra impressione è che di fronte all’ennesima drammatica conferma della fragilità umana, alla constatazione dei disastri provocati dall’uomo, alla crisi del pensiero occidentale antropocentrico e colonizzatore; di fronte alle conoscenze scientifiche che si fanno via via più complesse e incerte; di fronte alla “crisi della politica”, che per noi è anche crisi dello Stato democratico uscito dalla Rivoluzione francese, quegli intellettuali si diano un gran da fare per rinverdire le suggestioni positiviste, per attaccarsi, in qualche modo, alla speranza delle “magnifiche sorti e progressive” dell’umanità.
A noi pare che riemerga anche quel sentire giacobino che fa dello Stato l’unico involucro sicuro della politica. Eppure i fallimenti sono stati tanti, le sconfitte storiche e personali drammatiche e dolorose…

Noi vorremmo che si avesse il coraggio di fare i conti con la storia e di pensare oltre, di “disertare il presente” quale prodotto di un passato oltre il quale andare, di abbandonare la speranza e di immergerci nella nostra condizione fragile e precaria, e cercare percorsi inevitabilmente inediti. Sono saltati i riferimenti, cerchiamo altre strade.

Marco Sansoè, gennaio 2022


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