Sono 35 a marzo 2021 i prigionieri politici saharawi in prigione nelle carceri del Regno del Marocco, alcuni accusati di atti di violenza contro le autorità marocchine che hanno smantellato il campo di protesta di Gdeim Izik nel novembre 2020, altri per aver manifestato i propri diritti.
Sono continui i processi e continue le detenzioni che si allungano diventando ergastoli. I prigionieri saharawi vengono regolarmente sottoposti a torture e trattamenti disumani: violenza sessuale, bruciature di sigarette, elettroshock, percosse e attacchi di cani.
Il 24 settembre 2012, il Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura, Juan Mendez, ha riportato l’elevato numero di casi che gli sono stati sottoposti durante la visita nel Sahara Occidentale e ha allegato prove sulle torture nelle carceri e nei centri di detenzione del territorio. Il Relatore ha inoltre osservato che “la tortura tende ad essere molto crudele, dura e sistematica” nei casi di attentato alla “sicurezza nazionale” (così il governo interpreta la rivendicazione all’autodeterminazione saharawi).
Il campo di Gdeim Izik è stato allestito nel 2010 da migliaia di Saharawi alla periferia di El Aiùn, capitale del Sahara Occidentale.
I manifestanti del campo chiedevano un miglioramento delle loro condizioni di vita e rivendicavano il loro diritto al referendum per l’autodeterminazione sotto l’egida delle Nazione Unite. Le autorità marocchine hanno smantellato il campo, causando feriti e effettuato numerosi arresti accompagnati da trattamenti disumani.
Nonostante i numerosi rapporti sulle violazioni dei diritti dell’uomo nel Sahara Occidentale, il mandato della MINURSO, la missione delle Nazioni Unitenella regione, non prevede la tutela dei diritti umani.
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