In Cile vince la sinistra contro un pericoloso candidato della destra estrema che si riferiva esplicitamente all’esperienza di Pinochet.
Vince Gabriel Boric, poco più che trentenne, leader del movimento studentesco che negli anni passati aveva messo in moto un movimento di popolo capace di richiamare l’attenzione dell’intera società cilena verso il superamento di una democrazia ancora mutilata dall’esperienza di Pinochet.
Fu proprio durante i governi di centro destra che la società cilena ingaggiò uno scontro sociale, resistendo alla dura repressione poliziesca. Nel 2018 quel movimento fu capace di imporre la convocazione dell’Assemblea costituente per rivedere la Costituzione e superare il “pinochetismo”.
Così in Sud America si fanno strada esperienze nuove, diverse dal “populismo di sinistra”, il cui esito è incerto ma ricco di prospettive, come in Perù e Honduras.
Ma coloro che in Italia, nel commentare la vittoria di Boric, invitano a prendere il Cile come modello della ricerca dell’unità della sinistra sottovalutano le specificità di quell’esperienza e soprattutto non scorgono che quella vittoria è il prodotto di un conflitto sociale diffuso, esplicito o sotterraneo, che ha dominato la società cilena negli ultimi 10 anni!
Qui da trent’anni il conflitto è bandito. Ha vinto l’idea conservatrice che un paese normale ed efficiente non debba avere conflitti, perché questi disturbano i processi di governabilità della cosa pubblica. I movimenti diffusi, piccoli e spesso marginali vengono criminalizzati dalla politica e dalla magistratura e repressi dalla polizia. Nei confronti di movimenti forti e importanti come i NoTav si costruiscono teoremi fantasiosi per attribuire qualità eversive e contiguità ad un terrorismo che non c’è più!
I sindacati confederali si vantano di ottenere la chiusura dei contratti di categoria senza nemmeno un’ora di sciopero, per poi lamentarsi dei salari più bassi d’Europa! E faticano a proclamare uno sciopero generale contro il governo degli incentivi iniqui e delle privatizzazioni.
In questo nostro paese non c’è la sinistra né in Parlamento né nel paese, se non piccola, frammentata e autoreferenziale. Il Partito Democratico al governo con Draghi (e gli altri) conferma che le politiche neoliberiste del banchiere sono anche le sue, liberandosi così dell’etichetta ingombrante di partito di sinistra. Le sinistre extraparlamentari alzano solo bandierine, oscurate dai media.
Noi pensiamo che non si debba più perdere tempo a inseguire progetti politici di unità a sinistra o di coalizioni elettorali (l’attuale coalizione al governo dimostra che le politiche economiche e sociali sono le stesse) ma solo lavorare per rafforzare ed estendere i conflitti, unificare le lotte diffuse sul territorio, lavorare per ostacolare i piani di privatizzazione dei servizi, le inutili “grandi opere”, l’aziendalizzazione dell’istruzione, ecc.
Solo questo, tutto il resto sono chiacchiere e nostalgie, o peggio, complicità con quei piani di modernizzazione che marginalizzano, espellono e sfruttano le masse più povere del paese, senza redistribuire le risorse e senza aprire prospettive di cambiamento strutturale della società!
A quando un articolo che cominci a dare delle indicazioni sul da farsi? Altrimenti continuiamo ad essere parte del bla-bla-bla…..
Se tu pensi di avere indicazioni da dare… Non delegare, esprimiti liberamente!