Riflessione interessante di Pier Giorgio Ardeni apparsa su il manifesto del 4 settembre. Eppur si muove, anche la sinistra…
Già investito da una pandemia cui ha dato più di altri – ai primi posti in Europa per numero assoluto di decessi e per concentrazione degli stessi – questo povero Paese aveva pur superato la prima fase, stretto attorno al suo governo, pagando un prezzo altissimo, con una maggiore incidenza del Covid-19 in certe fasce, un crollo del reddito dell’8,9% nel 2020, 700mila posti di lavoro in meno e un milione di poveri in più nello stesso anno.
Ricevendo lodi dai suoi governanti per la «prova di solidarietà» e la promessa che «nessuno sarebbe stato lasciato indietro».
Poi, nel 2021, erano arrivati i vaccini e il Paese aveva iniziato a mettersi ordinatamente in fila per la punturina, prima con una certa apprensione, poi via via con convinzione. Il sistema di distribuzione aveva cominciato a funzionare, non senza qualche intoppo e con la confusione generata dagli allarmi sugli effetti «collaterali» di alcuni vaccini e dagli improvvidi «stop and go» decisi lì per lì. E così, a fine luglio, più di 67 milioni di dosi erano state somministrate, raggiungendo il 60% della popolazione, facendo dire al commissario straordinario che per fine settembre si sarebbe raggiunto il traguardo dell’80% necessario per poter iniziare a contare sulla fantomatica «immunità di gregge». Ma non bastava.
Con la variante Delta in agguato, nonostante il crollo nel numero di nuovi contagi, il governo decideva di imprimere un’accelerazione alla campagna vaccinale con impetus «militare», coercitivo, introducendo il «lasciapassare verde» obbligatorio, allo scopo di «convincere» gli esitanti a lasciarsi inoculare. Una «scorciatoia» di cui non c’era bisogno, dacché l’obiettivo era in vista e il numero di «incerti» andava riducendosi.
Così, un’azione che doveva essere «inclusiva», prendendo il Paese per mano e portandolo tutto, dai più convinti ai più incerti, verso l’obiettivo di una copertura generalizzata, è divenuta «esclusiva». Alla faccia della «solidarietà». Ma il Potere – l’esercizio del dictat – è nudo, offensivo, quando la Politica – il consenso informato, la condivisione dei fini nell’espletamento dei mezzi – viene meno. Così, il Potere si è mostrato lontano dal Paese, scegliendo un mezzo subdolo, nelle sue implicazioni, laddove non era necessario. E ha potuto farlo perché è la Politica ad essere venuta meno.
Dal 6 agosto 2021, quando il decreto sul «green pass» entra in vigore, le dosi di vaccino somministrate settimanalmente sono crollate (erano più di 3,5 milioni fino a fine luglio, sono scese a 1,5 milioni in agosto). La forzatura sortisce l’effetto opposto. Il «pass», peraltro, introduce un obbligo in via surrettizia, perché lo si può ottenere anche solo con un tampone negativo. Come se il motivo della non vaccinazione fosse sempre e comunque quello del rifiuto e non, magari, quello del timore, del bisogno di rassicurazioni, di garanzie e di tutele.
Nessuna campagna vaccinale riesce mai a coprire il 100% di una popolazione, nel breve periodo. Con le incertezze che la stessa aveva registrato, con le normali preoccupazioni che vaccini nuovi avevano generato, le quote di indecisi o titubanti erano rimaste contenute.
Ancora a giugno, i «decisi a vaccinarsi» erano il 43% (fonte: Kantar), eppure a fine luglio si era già raggiunto il 60%. L’indagine Recover riportava il 21% di indecisi e il 13% di contrari (confermati da Ipsos il 29 luglio). I «no-vax» complottisti e finanche «negazionisti» potranno essere magari il 10%, ma è questa una percentuale che non avrebbe comunque vanificato la campagna vaccinale. Che, peraltro, sappiamo non sarà risolutiva nell’eradicare il virus.
Eppure, si è preferito procedere d’imperio, invece che con cautela e inclusività. Se il 90% della popolazione si sarebbe vaccinata comunque, perché insistere su uno strumento che sortisce l’effetto opposto? In più, lo Stato ha abdicato, lasciando che sia la società a sbrigarsela. Controlli invasivi, decine di attività pubbliche annullate, operatori messi di fronte al dover esercitare un’azione «poliziesca».
I «pasdaran» del «green pass» si sono scatenati, e con essi la stampa e i media, dipingendo i non ancora vaccinati come untori, appestati, come se fossero tutti «no-vax» esagitati. Relegando così quell’altra minoranza – quella degli indecisi, degli impauriti, dei fragili che ad un vaccino faticano ad avvicinarsi – nel ghetto.
Invece di informare, di accompagnare la campagna con parole e dati convincenti, si è preferito ricorrere al pugno di ferro. La Politica ha abbandonato il campo. Se la destra cavalca la protesta – secondo l’Eurobarometro i contrari ai vaccini sono per lo più elettori di FdI e Lega – la sinistra abbandona i più fragili. Con la vergogna che oggi, chi decide di vaccinarsi deve firmare una liberatoria che dice che, in caso di complicazioni, ognuno è lasciato a se stesso, invece di essere tutelato e seguito.
«Povera patria, schiacciata dagli abusi del potere», cantava Franco Battiato trent’anni fa. Povera patria nelle mani di una Politica che preferisce il comando al consenso. Ma, «attenzione: dentro ci siamo tutti, è il potere che offende» (Dalla-Roversi, Le parole incrociate, 1975).
Pier Giorgio Ardeni, il manifesto, 4/9/2021