È’ faticoso autoprodursi gli ortaggi, la terra è bassissima, ma è la nostra inutile e silenziosa forma di resistenza civile: oltre al classico orto estivo, che sta funzionando benissimo, abbiamo raccolto 600 kg di patate e piantato 130 piante di ogni forma di cavolo, giacché il sistema della grande distribuzione organizzata va boicottato e ad esso va associata una feroce denuncia politica.
Ognuno degli ortaggi, con particolare attenzione a pomodoro e arance, provenienti dalla Grande Distribuzione Organizzata (il sistema che ammazza tutto, il sistema della doppia asta e del massimo ribasso, quello che straccia i prezzi e crea schiavitù), ma anche molti di quelli che arrivano ai mercati generali, larga parte dell’ortofrutta, o la salsa che comprensiva di imballaggio costa meno di sessanta centesimi, grondano sangue morte e violenza.
Solo la conoscenza della filiera permette di non essere complici.
L’agroalimentare è un tumore che flagella vaste aree di Italia dove vale solo l’esercizio della violenza brutale: il libro di Alessandro Leogrande, Uomini e caporali. Feltrinelli è un viaggio agli inferi, è un viaggio nei cimiteri pugliesi dove sono sepolti decine e decine di giovani extra o neo comunitari, vittime di feroci kapò.
Esistono uomini e donne, che si rotolano nella polvere per strappare un pomodoro a 50 gradi, che vivono in catapecchie luride e senza acqua, senza servizi: ma il tratto che determina la completa sospensione dello stato di diritto è la violenza e la bestialità della sopraffazione a cui sono sottoposte quelle giovani vite per 5, 6 10 euro al giorno.
Dal 2016 abbiamo una legge contro il caporalato ampiamente disattesa. Fu attivata nel 2007 grazie al ministro Paolo Ferrero ma non arrivò a compimento per la caduta anticipata delle camere.
Si ebbe la prima denuncia per riduzione in schiavitù nel 2005, grazie a tre studenti universitari polacchi che arrivarono in Puglia convinti di raccogliere soldi raccogliendo ortaggi per finanziarsi gli studi, si ritrovarono derubati di tutto, picchiati a sangue dopo la prima settimana di lavoro poiché chiesero la paga pattuita, e ridotti in schiavitù, dalla quale solo fortunosamente riuscirono a scappare.
Tutti dovrebbero leggere questo libro di Alessandro Leogrande, c’è la narrazione implacabile non solo della sospensione dello stato di diritto ma della legittimazione della violenza più brutale.
E io, grazie al sostegno e al grande lavoro di tutta la famiglia, tento una inutile forma di resistenza civile: coltivo l’orto.
Sonia Modenese, agosto 2021