Qui di seguito un intervento di Enzo Scandurra, apparso su il manifesto del 5 giugno, all’interno del dibattito sulla scienza. La pandemia ha messo in discussione molti dei luoghi comuni dei teorici della scienza “neutra e vera” e ci sembra importante continuare la riflessione sulle forme e le funzioni della scienza.
Un vero e proprio dibattito pubblico, sulla scienza non si è più dato dai tempi de L’ape e l’architetto (Feltrinelli,1976), testo scritto a più mani e coordinato da Marcello Cini. La tesi del libro era (e lo è ancora per molti di noi) semplice.
Vale a dire che la scienza non è neutra ma sussume i presupposti del modo di pensare e concepire il mondo da parte delle persone (e degli scienziati) di quella stessa epoca. Quelle argomentazioni sono state troppo presto dimenticate a favore della cosiddetta affermazione, “dipende dall’uso che se ne fa”. Ovvero la scienza, per i sostenitori di questa tesi, è neutra e può essere utilizzata per fare le guerre o curare le malattie. Anche se, spesso, essa accredita le diverse forme di dominio dell’uomo sulla natura.
Ma la scienza non è neppure la verità; ce lo hanno confermato i diversi scienziati: epidemiologi, biologi, ecc., che in Tv si sono alternati affermando tesi assai divergenti tra loro in merito alla pandemia. Del resto, se ci spostiamo sul tema della crisi climatica, assistiamo, anche in questo caso, a opinioni diverse: chi sostiene che siamo sull’orlo del baratro, chi, all’opposto che si tratta solo di allarmismo. E, per passare ai grandi nomi, anche Einstein rinnegò la teoria quantistica (che pure aveva contribuito ad affermare), con la celebre frase: «Dio non gioca ai dadi». Ben venga dunque l’articolo di Piero Bevilacqua (il manifesto, 2 giugno) che apre un dibattito sulle affermazioni della senatrice Elena Cattaneo a proposito dell’agricoltura biodinamica.
Nel Il supermarket di Prometeo (Codice edizioni, 2006), Marcello Cini sosteneva: «È soltanto in anni recenti che la sociologia della scienza ha affrontato la questione, suscitando spesso indignate reazioni nelle comunità scientifiche più “dure”, con la messa in discussione del postulato che la scienza sia in grado di rappresentare in modo sempre più dettagliato e oggettivo la realtà naturale “così com’è” indipendentemente dal contesto sociale nel quale gli scienziati si trovano ad operare» (p. XIII).
Oggi queste affermazioni susciterebbero sicura indignazione nei fondamentalisti della scienza. Perché il dibattito sulla scienza si è polarizzato tra i suoi più strenui sostenitori e i cultori del mondo magico e delle pratiche esoteriche, negando lo spazio per il dubbio e dunque la possibilità di un dibattito pubblico. «Come se», è ancora Cini ad affermarlo «non ci fosse un legame stretto, per esempio nel Seicento, fra la fisica di Galileo, la crisi della filosofia tomistica-aristotelica e le scoperte geografiche, oppure, nell’Ottocento, fra la Rivoluzione industriale, la formulazione della grandi leggi della natura, la filosofia positivista, il romanzo come forma letteraria e la formazione degli stati nazionali» (p.IX).
La scienza, sostiene Popper, è falsificabile, ovvero procede per approssimazioni successive in cui un paradigma precedente viene sussunto e modificato da uno più recente che spiega in modo più efficace i fenomeni allo studio. Dunque erano scienziati anche coloro che, seguaci di Tolomeo, sostenevano che fosse il sole a girare intorno alla terra.
Del resto la scienza è fondata prevalentemente sulla matematica e il teorema dell’incompletezza di Kurt Godel (1930), secondo il quale un sistema (ad esempio: matematico) è necessariamente incompleto poiché contiene affermazioni di cui non si può dimostrare né la verità né la falsità, ne ha indebolito le basi teoriche. La scienza, sosteneva Bateson «come l’arte la religione, il commercio, la guerra è basata su presupposti». Dunque per dare giudizi scientifici è necessario conoscere i presupposti degli altri scienziati che lavorano nello stesso campo, soprattutto sarebbe necessario che coloro che leggono testi scientifici conoscesse questi presupposti. In un certo senso potremmo affermare che anche la scienza è un “racconto” che semmai si differenzia dagli altri racconti perché tenta di raccogliere i segni esteriori validandoli con dimostrazioni che ne confermano la teoria (il metodo scientifico).
Anni fa quando si annunciò in un esperimento che alcune particelle lanciate dal Cern di Ginevra al Gran Sasso avevano superato la velocità della luce, fu intervistato il nostro fisico più noto Giorgio Parisi che disse (cito a ricordo): niente panico se questa cosa sarà dimostrata da ulteriori prove dovremmo mettere mano all’intera teoria di Einstein. Le successive prove dimostrarono che c’era stato un errore di calcolo e il problema fu accantonato. Quindi la scienza non prova la verità, semmai essa esplora e deduce delle leggi che poi saranno a loro volta superate e sussunte da ulteriori scoperte successive. Il famoso fisico premio Nobel Richerd Feynman sosteneva: «non tutto nel mondo è scientifico», per poi aggiungere: «.. e meno male!».
il manifesto, 5/6/2021