In quasi tutto il mondo il giorno della nascita della Nazione si festeggia con una parata militare, come se ciascun Stato volesse/dovesse misurarsi con la forza delle armi. Eppure quelle sono le feste della nascita dello Stato, dello Stato democratico, quello composto e mantenuto da cittadine e cittadini.
E’ storia vecchia: dalla Rivoluzione francese nasce l’idea dell’esercito quale istituzione più rappresentativa della forma compiuta dello Stato democratico. L’istituzione garante della pacificazione (leggi: repressione) dei conflitti interni, della difesa dei confini (leggi: delle frontiere, dei muri, dei respingimenti) e dell’espansione territoriale e economica (leggi: del colonialismo, dell’imperialismo, ecc.). Il confronto, la pratica dialettica, la condivisione, la solidarietà sono valori astratti di fronte alla necessità di mantenere in vita un sistema basato sul profitto.
D’altronde noi siamo quel che siamo perché abbiamo sfruttato le risorse degli altri, derubato le loro ricchezze, mantenuto sottomessi interi popoli per avere manodopera a basso costo e prezzi delle materie prime calmierati. Noi siamo quel che siamo perché vendiamo le armi per permettere ai Paesi poveri di farsi la guerra e così continuare tenerli sotto tutela.
Noi il 2 giugno festeggiamo la nascita della Repubblica con una bella sfilata militare e le costosissime e inutili Frecce tricolore. Non lo facciamo solo per favorire le guerre degli altri, ma anche per difendere i “sacri confini” da quegli altri, che fuggono dalle guerre che servono a noi, dalle povertà da profitti, dal dissesto climatico prodotto dal rapido sviluppo!
…In ogni caso non fate quella festa a nostro nome, non ci riguarda, perché non abbiamo nulla da spartire con quell’idea di Stato! A noi non interessano le frontiere, né le artificiali identità nazionali, nemmeno il “made in Itali”.
Noi siamo persone e ci interessano le persone, alle quali non chiediamo da dove vengono ma chi sono. Non vogliamo essere merci e non intendiamo misurare la ricchezza del Paese con il suo PIL.
Lasciamo i patriottismi identitari agli inetti di tutti i colori, che ben si sanno mascherare, immobili, aggrappati al loro ruolo di conservatori.
marco sansoè
grazie,marco
Sì Marco, è proprio come dici tu. Mi piacerebbe festeggiare il 2 giugno condividendo e festeggiando tutte le iniziative private e pubbliche che ci fanno crescere in consapevolezza, rispetto e collaborazione di tutti “gli altri” con cui vivo. Una “parata” di risultati, esempi ed ispirazione. Grazie per il tuo operato costante ed ispirante.
Ciao Marco,
vorrei davvero accadesse al più presto quanto auspichi. Così sarebbe davvero una festa della “res publica” e della sua Costituzione, che non ha ancora trovato completa attuazione, e non una “parata”, anche un po’ kitsch, di educazione al senso patriottico e di autocelebrazione nazionale che nasconde, il più delle volte, solo interessi particolari e protagonismi politici. Una festa delle persone e per le persone. Senza alcuna identità, ma con un po’ di identificazione.