Indipendentemente da quello che sarà l’esito delle indagini relative al ferimento di Giovanna Saraceno, gli scriventi di questo appello, tutti avvocati che hanno avuto modo di seguire alcuni processi relativi a scontri in Val di Susa tra manifestanti NoTav e le Forze dell’Ordine, non possono non evidenziare quanto segue.
Non è la prima volta che si verifica un simile drammatico episodio in Valle Susa: più volte dei manifestanti hanno lamentato di essere stati attinti dalle cartucce dei lacrimogeni, con lesioni anche gravi tanto da imporre in alcuni casi un immediato ricovero in ospedale per lesioni al capo o al ventre. Le cronache infine ricordano che soltanto per stare al nostro Pese, un tifoso perse un occhio nel 1998, uno nel 1999; tre manifestanti persero la vita nel 1970, 1972, 1989.
I lacrimogeni sono armi chimiche, contenuti in granate, generalmente sparate con fucili lanciagranate a grande velocità; purtroppo, oltre agli effetti chimici noti, sono anche possibili effetti meccanici, a volte anche letali. I candelotti che contengono il gas CS pesano 100 grammi, hanno un diametro di 4 cm ed escono ad una velocità di sparo di 280 km/h. I lacrimogeni sono considerati, anche dal diritto, armi chimiche. Il loro uso è vietato negli scenari bellici dalla Convenzione di Parigi del 1995 sulle armi chimiche. Qualora utilizzati in particolari contesti, devono essere sparati con modalità di lancio a parabola, e non con lancio teso verso chi si intenda contrasta-re, proprio per impedire o ridurre il pericolo di danni dovuti al lancio di una granata a forte energia cinetica. In altre parole, non possono essere utilizzati come proiettili destinati a colpire gli avversari (o i nemici).
Le immagini, che ormai costantemente fanno parte del materiale documentale di questi processi, molto spesso hanno mostrato proprio il contrario: personale delle Forze dell’Ordine nell’atto di sparare i lacrimogeni, con lancio teso contro i manifestanti, a volte mirando chi si intenda colpire. A volte l’audio dei video prodotti ha registrato nei dialoghi degli operatori un invito a colpire in modo diretto il manifestante. Anche in relazione a quanto accaduto a San Didero nei giorni scorsi, sono state diffuse immagini che sembrano dimostrare un uso improprio, pericoloso, indiscriminato e criminoso, dei lacrimogeni.
Più e più volte abbiamo tentato di denunciare l’illegittimità e l’arbitrarietà di un siffatto uso – sia quando ad essere processati fossero dei manifestanti, sia quando a chiedere l’accertamenti dei fatti fossero le vittime di questi lanci – chiedendo che si indagasse sull’uso di tali oggetti alla stregua di armi da fuoco, ma purtroppo senza successo. Le modalità con le quali le Forze dell’Ordine gestiscono l’ordine pubblico, sia per quanto riguarda il cospicuo numero di candelotti utilizzati, che le modalità di lancio, non sono mai state ritenute fondamentali ai fini dell’accertamento della verità. Speriamo fortemente che in questa occasione non sia così.
Confidiamo siano condotte approfondite indagini, affidate a soggetti non appartenenti ai corpi di polizia impiegati sul campo e che quanto accaduto sia accertato in modo approfondito onde verificare se e chi sia responsabile delle lesioni inferte a Giovanna, compresa l’individuazione della catena di comando eventualmente responsabile; come pure se nei giorni precedenti vi sia stato un utilizzo dei gas lacrimogeni improprio, indiscriminato, pericoloso o lesivo dei legittimi diritti a manifestare il proprio pensiero.
Danilo Ghia, Cristina Patrito, Alessio Ariotto, Federico Milano, Roberto Lamacchia, Gianluca Vitale, Massimo Bongiovanni, Enzo Pellegrin, Stefano Bertone, Claudio Novaro, Marco Melano, Emanuele D’Amico