Torino. Il 21 aprile ci sarà l’udienza in Tribunale per discutere dell’applicazione della misura di sorveglianza speciale, per due anni, a carico di Marco Boba, anarchico militante.
Per la Procura di Torino l’aggravante che farebbe scattare lo status di “pericolosità sociale” è una frase contenuta nel romanzo, riportata nel retro di copertina, Io non sono come voi, Eris Edizioni, pubblicato nel 2015: “Io odio. Dentro di me c’è solo voglia di distruggere, le mie sono pulsioni nichiliste. Per la società, per il sistema, sono un violento, ma ti assicuro che per indole sono una persona tranquilla, la mia violenza è un centesimo rispetto alla violenza quotidiana che subisco, che subisci tu o gli altri miliardi di persone su questo pianeta”. Solo un romanzo, ma il virgolettato, per l’inchiesta giudiziaria, viene inteso come pensiero dell’autore!
Marco Boba è uno dei tanti militanti colpiti dalla mannaia della Procura torinese. Un modo capzioso, e spesso arbitrario, di distribuire attestati di pericolosità sociale allo scopo di allontanare i militanti dai luoghi delle lotte o farli oggetto di multe pesanti o ritirare loro la patente impedendone gli spostamenti ed anche le loro attività economiche.
Ma non era ancora accaduto che un romanzo, cioè una finzione letteraria, potesse essere utilizzato quale prova della pericolosità sociale di una persona, al momento non accusata di altro reato se non i suoi trascorsi politici, e quindi della necessità di sorveglianza speciale.
Abbiamo già assistito ad attacchi alla libertà d’espressione, invocando il reato d’opinione, non hanno avuto successo, speriamo che anche questo naufraghi contro ciò che sancisce la nostra Costituzione.
Questa è la democrazia autoritaria che si consolida. Torino è diventata un laboratorio efficace di applicazione delle pratiche repressive diffuse, grazie all’unità di intenti di Prefettura, Questura e Procura torinesi, con l’appoggio incondizionato delle istituzioni cittadine, provinciali e regionali.