Igiornali e le TV hanno dato scarso rilievo ad una notizia assai importante per i lavoratori.
Incostituzionale per violazione del principio di uguaglianza.
La sanzione massima della Corte costituzionale ha colpito la riforma dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori realizzata dalla «legge Fornero» nel 2012. L’opera di cancellazione della più forte garanzia dei lavoratori era stata poi completata dal «Jobs act» renziano, ma quest’ultima legge era già caduta sotto i colpi della Corte. Che ieri ha reso pubbliche le motivazioni per le quali un mese fa ha deciso di bocciare anche la limitazione al diritto al reintegro in caso di licenziamento economico per motivi inconsistenti, che era rimasta in piedi.
Dalla Fornero in poi in caso di licenziamento per motivi economici, che però si dimostravano non validi, il giudice poteva – e non più doveva – ordinare la reintegra del dipendente nel posto di lavoro. Ma la Corte costituzionale ha ritenuto questa differenziazione rispetto al caso dei licenziamenti per giusta causa o giustificato motivo rivelatisi però illegittimi (per i quali la reintegra resta un diritto) «disarmonica e lesiva del principio di uguaglianza. Per la Corte costituzionale, relatrice Silvana Sciarra, «non si giustifica un diverso trattamento riservato ai licenziamenti economici» e «alla violazione del principio di eguaglianza si associa l’irragionevolezza». Soddisfazione è stata espressa dalla Cgil. Per il sindacato «questa sentenza, come altre, che si sono succedute negli ultimi mesi, rende evidente che la disciplina attuale non garantisce adeguate tutele ai lavoratori».
il manifesto, 2/4/2021