Il Comitato ONU per l’Eliminazione della Discriminazione Razziale (CERD), che svolge un’azione di monitoraggio sul rispetto dell’omonima Convenzione Internazionale (ICERD) ratificata da Tel Aviv nel 1979, lo scorso 12 dicembre ha reso note le sue osservazioni su Israele, chiedendo esplicitamente che questo Paese “assicuri uguale trattamento a tutte le persone che si trovano nei territori sotto la sua giurisdizione o sotto il suo controllo effettivo”. Per la prima volta, non si distingue tra il trattamento riservato ai cittadini israeliani e quello riservato ai cittadini palestinesi sotto occupazione. Per questo, secondo le Nazioni Unite è necessario che Israele modifichi o revochi tutte le leggi discriminatorie – segnalate tra gli altri dal Centro Legale per i Diritti delle Minoranze Arabe in Israele, Adalah – che colpiscono i palestinesi sia nei Territori Occupati che in Israele. Allo stesso tempo, il Comitato ha chiesto di “sradicare qualsiasi forma di segregazione tra comunità ebraiche e non ebraiche, insieme a qualsivoglia politica o pratica tale da danneggiare la popolazione palestinese in Israele e nei Territori Palestinesi Occupati”. Si tratta di un “cambio di prospettiva di dimensioni storiche” per Adalah, perché l’ONU non si era mai spinta a descrivere Israele come un regime che assume l’Apartheid come un valore costituzionale e lo pratica da entrambi i lati della Linea Verde, contravvenendo alla Convenzione di Roma che invece lo definisce come un crimine contro l’umanità. Tra le questioni di “particolare gravità”, il CERD cita la Legge Stato-Nazione e i crimini dettati dall’odio anche solo verbale, pretendendo da Israele azioni concrete: da un lato un’attenta revisione di questa legge che priva i palestinesi del diritto all’autodeterminazione, relega l’arabo a lingua di secondo rango e cerca di conferire legittimità agli insediamenti illegali; dall’altro misure appropriate per combattere il proliferare di atti o manifestazioni di razzismo che hanno come obiettivo soprattutto le comunità non-ebraiche.