Pubblichiamo un frammento di un articolo apparso sull’ultimo numero della rivista alternative per il socialismo, n.55 (Con Antigone contro Creonte: un’autonomia all’altezza dei doveri inderogabili, pp. 66-67). Qui viene indagata la “disobbedienza” come dovere civile e politico, come diritto autonomo delle persone a favore di un’altra persona e/o della collettività.
Con Antigone contro Creonte
Laura Ronchetti*
… in questa tragedia (l’Antigone di Sofocle) emerge la stretta connessione tra l’autonomia individuale e quella collettiva, tra quella privata e quella pubblica, legate in un circolo virtuoso l’una all’altra. Riferita alla singola persona allude all’autodeterminazione personale, ma anche alla partecipazione di ogni persona alla determinazione delle norme generali ed astratte valevoli per l’intero ordinamento. Emerge, dunque, l’ipotesi che l’azione autonoma di Antigone abbia la valenza politica di un’autonomia della polis intesa come assemblea che è capace di darsi le proprie norme e, quindi, di rifiutare un comando che avverte come eteronomo. Antigone, dunque, è il mito fondativo dell’autonomia sia personale che pubblica, perché coniuga il soggetto con l’azione e li collega secondo un principio politico che connette la potestà personale di governarsi da sé con la dimensione istituzionale che consente l’autonomia dell’ordinamento intero. Consente, dunque, di risignificare il concetto di autonomia come punto di incontro tra un plesso di potere proprio della persona e la consapevolezza dell’interdipendenza, anche interindividuale, insita nella dimensione sociale e politica.
II concetto di autonomia, recando in sé l’insormontabile esigenza di mettere in connessione l’autos con il nomos, coinvolge ogni tipo di soggetto, da quello individuale fino a quello collettivo, sia esso sociale o territoriale. Il principio autonomistico, infatti, implica la capacità dell’ordinamento di riconoscere e promuovere “le esigenze dell’autonomia” (art. 5 Cost). Darsi un proprio ordinamento, però, non significa isolare la libertà di autodeterminazione dagli altri principi del costituzionalismo, con particolare riferimento all’uguaglianza e alla solidarietà. Al contrario, soltanto la connessione tra questi principi consente di creare spazi di autonomia per i singoli, per i gruppi e per i territori.
Quel che sempre si è opposto a leggere il principio autonomistico come collegato al principio di uguaglianza sostanziale, tuttavia, è l’idea liberale estremizzata nell’ordine giuridico neoliberista dell’autonomia individuale come assoluta indipendenza. Si tratta di una concezione che rende ipertrofica la volontà e le sue capacità, confinando nel mondo delle “colpe” le debolezze, le povertà e le eccentricità di vario genere. E’ il pensiero femminista che, a partire, dalla decostruzione dell’infondato mito del soggetto indipendente, ha sviluppato una visione dell’autonomia in cui diventa centrale la dimensione relazionale consapevole delle reciproche forme di interdipendenza. E con tale pensiero e pratica che il costituzionalismo democratico può prendere atto che la Costituzione italiana fonda proprio un’accezione di autonomia alla luce degli altri principi fondamentali, con particolare, riferimento agli articoli 1, 2, 3 e 11 della Costituzione.
L’idea di autonomia che traspare dalla trama costituzionale, infatti, è quella del riconoscimento della dipendenza che ogni soggetto ha nei confronti dell’altro, in una prospettiva relazionale e sociale fortemente ancorata alla solidarietà, alla lealtà e al rispetto, in una logica di interdipendenza.
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*Costituzionalista, Università del Molise