Se si pensa l’ergastolo ostativo per i “mafiosi” che non collaborano come uno strumento fondamentale per combattere la criminalità organizzata vuol dire ammettere la debolezza dello Stato che non riesce a ricomporre gli strumenti necessari per smantellare socialmente, economicamente e politicamente un’impresa criminale radicata nella società da decenni. Mafia, ndrangheta e camorra si combattono soprattutto sul territorio, con politiche sociali e culturali forti e diffuse, capace di togliere spazi, opportunità e attrattiva alla criminalità organizzata !
Riportiamo un articolo di Erri De Luca apparso su il manifesto.
Le Olimpiadi del rancore. Ergastolo ostativo: la pena infinita
Calcolo le lunghe pene detentive in Olimpiadi, invece che in anni. 26 annate, 104 stagioni, sono una cifra astratta, smisurata all’interno, scarsa di peso fuori. Chi esce da così lunga assenza trova intatto il pubblico rancore legato al suo nome e alla sua colpa.
Perciò conto la durata della clausura in Olimpiadi, sei e mezzo, salvo tempi supplementari.
Chi esce: finora quasi mille non hanno alcun percorso di uscita. Buttata la chiave, si dice, ma è più preciso dire che la chiave è ben conservata, invece è la vita a essere buttata. La nostra Costituzione non lo consente. Qualunque pena, anche la più grave, serve al tentativo di riabilitare alla vita associata il condannato. Per la nostra Costituzione nessuna persona può essere dichiarata relitto civile permanente. Allora per mitigare l’ergastolo a oltranza, si introdusse la condizione secondo la quale il colpevole doveva denunciare altri associati per accedere a un percorso di uscita.
Il prossimo 22 ottobre la Corte Costituzionale si dovrà pronunciare sulla materia. È evidente che la denuncia di altri complici non basta a valutare la riabilitazione di un condannato all’ergastolo. Potrebbe farlo per vendetta privata o per ottenere il beneficio di legge, senza che sia avvenuto alcun ravvedimento. Al contrario, pur se radicalmente cambiato, potrebbe non denunciare per timore di rappresaglie sui propri familiari.
La sola via maestra per valutare i mutamenti maturati durante le Olimpiadi penali resta quella che già esiste: la lunga analisi dei suoi comportamenti verificata da psicologi, assistenti sociali, volontari. Le loro considerazioni caso per caso concorrono al giudizio del magistrato di sorveglianza, incaricato della decisione circa i benefici. In mancanza di unanimità di pareri non se ne fa nulla.
La decisione eventuale di abolire l’ergastolo ostativo da parte della Corte Costituzionale non metterebbe in libertà nessuno dei quasi mille interessati al provvedimento. Li metterebbe solo in condizione di avviare la lunga trafila di analisi dei loro mutamenti. Uscire dall’ergastolo resta e resterà per il condannato un labirinto in cui aggirarsi a lungo, senza alcuna certezza di buon esito.
Propagandisti di paure infondate strillano sballate conclusioni su criminali rimessi di colpo in circolazione. Spacciano informazioni false, ma ormai ci siamo abituati all’irrazionale, all’allarmismo fasullo che intossica la nostra atmosfera. Esiste e va bonificato con l’aiuto dei dati di fatto.
A chi non guarda bene in faccia alla realtà, succede che sia la realtà a guardare il suo lato posteriore in fuga.
Da membro anziano di questa società ho fiducia nel lavoro del tempo che rinnova più volte, insieme all’intero corredo di cellule del nostro corpo, pensieri e sentimenti di ogni essere umano.
Chi ha scontato sei Olimpiadi e mezzo è un’altra persona, potenzialmente utile alla comunità che lo riaccoglie e la sua pena non è andata sprecata.
il manifesto, 16/10/2019