Di antifascismo, istituzioni, pennivendoli e ipocrisia
Da alcuni giorni avevamo in testa l’idea di scrivere qualche parola sul nostro posizionamento rispetto alle vicende elettorali: per prevenire interpretazioni erronee più o meno in malafede che cominciavano a giungere alle nostre orecchie e per ribadire qual è il nostro pensiero rispetto al ruolo delle istituzioni in questa fase storica; le vicende del salone del libro di questi giorni ci forniscono l’occasione per riepilogare il tutto.
La nostra tesi di fondo è sostanzialmente semplice: le istituzioni “democratiche” politiche e culturali di questo paese hanno essenzialmente rinunciato da ormai molto tempo (per scelta, per insipienza, per calcolo, per opportunismo…) a mettere in atto scelte politiche e pratiche antifasciste.
Quando in questi mesi ci siamo trovati a contrastare sul territorio biellese la propaganda di Casapound e abbiamo provato a stimolare soggetti (che non possono certamente essere tacciati di adesione morale al ciarpame ideologico di Casapound e affini) ad agire per ridurre gli spazi di agibilità e visibilità dei fascisti del terzo millennio, abbiamo ricevuto, immancabilmente, risposte appartenenti al seguente bestiario:
• “ma se li contestiamo o impediamo loro di fare un banchetto, facciamo loro solo pubblicità !”
• “è la legge che ci impone di invitarli” (versione biellese – telebiella) / “la legge non ci vieta di invitarli” (versione Salone del libro)
• “non condivido le loro idee, ma è loro diritto esprimerle!” (a partire dalla falsa, ma ripetuta alla nausea, citazione di Voltaire che molti feticisti della libertà d’espressione amano tanto…)
Questo è il genere di risposte che noi, come tante e tanti altri in giro per l’Italia, riceviamo ogni qualvolta ci si mobilita dal basso per contrastare le operazioni di propaganda dei fascisti, le quali molto spesso esistono per la miopia, accidia o peggio complicità di vari soggetti più o meno istituzionali.
Pensavamo che simili considerazioni fossero elementari, ma evidentemente non lo sono, per cui ripetiamo quanto andiamo dicendo da agosto:
Casapound, per chi non se ne fosse accorto, la visibilità se l’è presa da un pezzo: non certo per le contestazioni, ma al contrario perché per troppi anni le denunce ripetute e puntuali degli antifascisti che avevano ben chiaro chi fossero quei personaggi sono cadute nel vuoto, mentre vari esponenti del mondo della politica e della cultura “democratico” non si facevano problemi ad andarci a parlare insieme (due nomi così a memoria tra tanti, Enrico Mentana e Anna Paola Concia): mentre Casapound continuava e continua a macchiarsi di atti di estrema violenza (ricordiamo gli omicidi del mercato di Firenze? i piccoli balilla di blocco studentesco che provarono ad assalire il corteo degli studenti a Roma, naturalmente coccolati e appoggiati dalla polizia? lo stupro di Viterbo di pochi giorni fa commesso da due virili camerati? le aggressioni di questi giorni contro le famiglie rom nella periferia romana?) i democratici si premuravano e si premurano di difendere la loro libertà d’espressione.
Mentre gli antifascisti militanti riconoscevano il ritorno dei neofascisti nelle città, i partiti e le istituzioni li deridevano e tacciavano di passatismo, che in fondo i fascisti erano solo folklore. Oggi Casapound è legata a filo doppio alla Lega di governo, mentre semina odio e violenza in giro per l’Italia. Se fossimo in malafede, penseremmo che partiti istituzionali e mezzi di comunicazione facciano il tifo per Casapound, che in fondo questi fascisti del terzo millennio stiano loro simpatici: i mezzi per combatterli li avrebbero. Perché, ad esempio, visto che piace tanto usare la legge come foglia di fico, il partito democratico, quando aveva i numeri in parlamento, non ha fatto in modo di mettere fuorilegge Casapound? Perché giornali e telegiornali continuano a invitare questi ratti a parlare?
La vicenda del Salone del libro è paradigmatica: come secondo un copione già scritto, un’istituzione culturale riconosciuta in tutto il paese non si fa problemi ad accettare tra gli espositori la casa editrice di Casapound, apertamente fascista. Se non fosse stato per la mobilitazione di una serie di scrittori e intellettuali (Raimo, Wu Ming, Ginzburg, Zerocalcare…), per finire con i sopravvissuti dell’Olocausto, che denunciano la gravità della questione e decidono di agire rifiutando di condividere uno spazio, che si vorrebbe di cultura e incontro reciproco, con i fascisti di Casapound, ad oggi questi avrebbero ancora il loro spazio.
Ancora una volta, i risultati si ottengono con l’azione collettiva dal basso, non per grazia ricevuta da lor signori.
Consci di tutto ciò, come coordinamento abbiamo scelto fin dall’inizio, nell’agosto scorso, di muoverci su un altro terreno: di essere altri ed autonomi rispetto alle istituzioni politiche (e non solo) di questo paese, sulle quali nutriamo un giudizio a dir poco negativo, fantasmi marcescenti incapaci di affrontare il tempo presente.
Va da sé pertanto, ma pare bene esplicitarlo, che al di là di eventuali, legittime, scelte individuali di singoli membri del coordinamento, il Coordinamento Biella Antifascista è del tutto estraneo alla tornata elettorale corrente, per la quale semmai nutre un certo senso di depressione.
Noi stiamo con le persone che si attivano, si mettono in gioco, praticano antifascismo, antirazzismo, antisessismo, solidarietà e libertà nel quotidiano e nel territorio sapendo di essere una goccia in un mare che fatica a formarsi. Stiamo con Lorenzo e le Ypg nel Rojava; con Simone di Torre Maura; con chi ha fatto in modo di cacciare i fascisti dal Salone di Torino.
Noi stiamo con chi occupa spazi per garantire la propria sopravvivenza e con chi li occupa per costruire comunità politiche solidali in grado di avviare percorsi di critica al sistema del “pensiero unico dominante”, del suo apparato di controllo sempre più aggressivo.
Le pratiche di disobbedienza civile diffuse che auspichiamo mal si sposano con i vuoti appelli alla legalità di istituzioni insensibili alle condizioni delle persone in povertà, di chi non ha casa o è clandestino.
Noi riteniamo che i fascisti vadano fermati e, metro dopo metro, ricacciati indietro.
Noi riteniamo necessario dare segnali sempre più chiari e forti […]
Noi non abbiamo intenzione di condividere alcuno spazio o cornice coi fascisti. Mai accanto ai fascisti. (Wu Ming, maggio 2019)
Coordinamento Biella Antifascista, 10 maggio 2019