Tutti noi siamo stati a scuola per studiare e alcuni di noi anche per insegnare.
Ma tutte e tutti abbiamo vissuto la scuola come un luogo nel quale si cresce: si insegnano e imparano, forse, molte cose ma sicuramente ciò che lascia il segno più duraturo sono le esperienze delle relazioni, quelle che ti fanno scoprire chi sei e quali sono le tue qualità e i tuoi limiti.
Abbiamo sempre pensato la scuola come un luogo previlegiato per la formazione e l’educazione.
Ma ci siamo spesso accorti che questa scuola incontrasse difficoltà a svolgere quel ruolo, soprattutto da quando la politica si è spesa per trasformarla in una “azienda formativa”: i Presidi e i Direttori che diventano Dirigenti scolastici; l’orientamento formativo che si trasforma in una bagarre pubblicitaria; l’introduzione di schede standard di valutazione e dei test Invalsi che trasformano la didattica in una costante rilevazione statistica, sostituendosi al processo di apprendimento; l’introduzione dell’alternanza scuola-lavoro quale strumento illusorio di facilitazione della ricerca di un posto di lavoro che non c’è.
Ma ora l’abbandono del ruolo educativo e pedagogico appare definitivo: i Dirigenti scolastici fanno entrare la Polizia nelle scuole con i cani antidroga, per “scoprire” che i giovani fanno uso di sostanze, per rendere loro la vita più difficile di quella che è.
Così si rompe definitivamente il dialogo educativo: la scuola, che molto spesso viene percepita dagli studenti come una “fatica inevitabile” diventerà una “nemica”, un ostacolo. Così si criminalizza una condizione, una difficoltà, un disagio.
Così la scuola sceglie di rinunciare al dialogo con il mondo giovanile trasformando un problema, un disagio in un crimine, scegliendo l’ordine preventivo invece del dialogo, la punizione invece dell’educazione.
I Dirigenti scolastici invece di far entrare la Polizia nelle scuole dovrebbero spendere i denari pubblici per far incontrare gli studenti con psicologi e medici, non in modo episodico ma come parte integrante del curriculum scolastico; invece di dare spazio a spocchiosi manager e dirigenti d’azienda autoreferenziali dovrebbero far incontrare gli studenti con sociologi e antropologi, al solo scopo di fornire strumenti critici di interpretazione della realtà.
Invece di obbligare gli insegnanti agli innumerevoli corsi di aggiornamento per l’utilizzo degli strumenti digitali si dovrebbe aiutarli a imparare a relazionarsi con gli studenti, a comprendere i sintomi di disagio e le difficoltà relazionali, e favorire la comprensione della condizione giovanile contemporanea.
Ma l’ipocrisia della società contemporanea e le tendenze autoreferenziali delle istituzioni impediscono di agire per capire e volutamente nascondono la realtà.
Se le forze dell’ordine passeggiassero con i loro cani anti droga nei bar e nelle discoteche della città, negli uffici e nelle piazze del biellese scoprirebbero ciò che tutti sanno e tutti tacciono, che l’uso di sostanze è ormai prassi consolidata per molti rispettabili cittadini. Se interrogassero le farmacie sull’uso di psicofarmaci verificherebbero che la nostra è una società di drogati.
Ma andare nelle scuole è “vincere facile”: poliziotti e dirigenti scolastici diventano preziosi agenti della sicurezza di tutti e della difesa della salute dei giovani, garanti agli occhi dei genitori che il loro figlio non si droga, perché l’unico a farlo è quello trovato con uno spinello nello zaino.
Se poi per entrare in classe, per sopportare quella “faticosa” mattinata un giovane deve farsi una canna, non è un problema della scuola, lei ha fatto il suo dovere: con la Polizia ha vegliato sulla sicurezza degli studenti!
Se poi al venerdì, al sabato, di sera devono sballarsi per superare le fatiche della settimana, non importa, la società ha fatto il suo dovere: la Polizia con i suoi cani da tartufo e la collaborazione delle scuole biellesi hanno fatto prevenzione, hanno colpito lo “spacciatore quindicenne”, che vergogna! Hanno sgominato il traffico di droga nelle scuole!
Continuiamo così non facciamoci domande, non cerchiamo di capire. Non c’è nulla di più pericoloso del pensiero critico, non alimentiamolo!
Meglio reprimere: “colpirne uno o due per educarne cento”. Fino a quando? Illusi!
Biella, 28/2/2019
marco sansoè
Bravo Marco, una bella lezione magistrale da dedicare ai “dirigenti scolastici”