Dopo i “Gilets jaunes”, gli “Indignados”, “Occupy Wall Street”…
La complessità e le contraddizioni dell’esperienza dei “gilet gialli” costituiscono elemento di seria riflessione per le forze politiche che si pongono in alternativa a questo sistema.
E’ possibile che il movimento dei “gilet gialli” si esaurisca, si frantumi, si divida (forse sta già accadendo) se non riesce a trovare un modo condiviso di dotarsi di organizzazione e prospettive politiche durature.
Di fronte alle nuove forme di auto-organizzazione sociale e politica che sono emerse, e emergono un po’ ovunque in occidente e non solo, non ci si può proporre con funzioni di guida (avanguardie) o in maniera pedagogica o separata o rappresentativa. Occorre, invece, porsi in maniera omogenea rispetto ai movimenti in atto, operare come componenti interne che interagiscono con le altre e ne favoriscano l’analisi, la sintesi e i possibili sviluppi, condividendone anche gli errori.
Per farlo è necessario interpretare le dinamiche di questi movimenti e concorrere, insieme, alla ricerca di nuove forme dell’espressione politica, che non possono riferirsi a modelli consolidati in crisi o incapaci di interpretare i bisogni di queste forme di auto-organizzazione.
E’ un’azione di lungo periodo che può trovare, volta per volta, subito uno sbocco nella protesta e nella contrattazione, imponendosi come interlocutore in movimento. Un grande lavoro che non può essere interrotto o distratto dalle competizioni elettorali, oggi sempre più simili ad un rituale dal risultato prevedibile e comunque incapace di intercettare le contraddizioni della società e rappresentare i bisogni sociali.
Biella, febbraio, 2019
Marco Sansoè