L’esperienza iniziata dal Coordinamento antifascista è notevole. Per me è la sperimentazione di una ipotesi: “reinventare la politica” attraverso la partecipazione diretta (e personale), la democrazia assembleare, senza mediazioni o rappresentanze, senza un progetto politico a priori, ma attraverso un percorso politico condiviso destinato a formarsi e a mutare durante il cammino per diventare, poi, progetto politico. Ci credo e voglio lavorarci!
Volevo però scrivere cosa penso che possa essere “fare antifascismo” o se volete “fare resistenza” in una situazione come quella contemporanea (cioè quella della sconfitta del movimento operaio degli anni ’80, del trionfo del liberismo e del “pensiero unico”, della crisi dello stato-nazione e delle tecnologie digitali affermate).
Due soli passi…
Le pratiche politiche
Credo sia indispensabile fare convivere le dichiarazioni, le prese di posizione, le critiche, le dimostrazioni e le manifestazione di piazza, con l’azione a fianco dei soggetti sociali in difficoltà e/o in lotta.
Dobbiamo, credo, superare la “vecchia” pratica della “politica politicista”, che è quella di fare proposte, tendenzialmente all’interno delle istituzioni, per una “governabilità” dei fenomeni.
I fenomeni della società contemporanea non sono “governabili” se non uscendo dal sistema che li ha prodotti: il modo di produzione capitalista. Ma questo è un altro discorso…
La “governabilità” non mi(ci) interessa, credo ci interessino i soggetti sociali, le persone che vivono le condizioni concrete di malessere: gli operai di una fabbrica in chiusura non sono interessanti, sono i soggetti della “lotta di classe”; i fattorini che consegnano pacchi un giorno di neve e chiedono sicurezza non sono interessanti, sono i soggetti della “lotta di classe”; i migranti discriminati e senza fissa dimora non sono interessanti, sono i “nuovi” soggetti della “lotta di classe”, ecc.
Come scriveva Gallino la lotta di classe esiste e oggi la fanno i padroni. Fare “resistenza e antifascismo” significa aprire spazi di lotta, brecce nel sistema, indebolire gli apparati, screditare le istituzioni di controllo… Ma questo non può essere fatto se non agiamo con i soggetti sociali che vengono colpiti dai colpi di coda di un sistema economico e politico trionfante ma in sofferenza!
Dobbiamo agire con invece di agire per. Solo se condividiamo un percorso possiamo radicarci nella società.
In quest’ambito, lavorare per affrontare la condizione dei migranti diventa una delle pratiche necessarie per costruire quella “comunità” (anche se non è facile); così come lo è affrontate un tema territoriale o occupazionale con i soggetti portatori di quella condizione.
In presenza di partiti e/o sindacati incapaci di “prendersi cura” di quei soggetti sociali, diventa pratica necessaria per diventare tutte e tutti protagonisti, non solo solidali, ma soggetti della costruzione di una “collettività politica ribelle”.
E’ finita l’epoca dei “grilli parlanti”, perché nessuno ascolta: solo un nuovo protagonismo sociale, senza leader e/o rappresentanza, può farsi “comunità politica antagonista”…
La dimensione pubblica
Essere un “collettivo politico antagonista” non implica essere underground.
Noi dobbiamo agire pubblicamente con i nostri scritti e nelle nostre azioni.
Dobbiamo usare gli spazi pubblici senza timori, non dobbiamo marginalizzarci nei luoghi abituali della sinistra. Noi possiamo “incarnare” l’altra politica senza prometterla, ma nelle pratiche.
Per questo dobbiamo moltiplicare le iniziative pubbliche rivolte agli altri, a quelli che, per un motivo o per un altro, non sono con noi. Senza temere lo scontro, la derisione. Dobbiamo fare nostro il potere della parola ragionata contro quella urlata, contro le semplificazioni propagandistiche. Dobbiamo farlo ovunque diffusamente (ovviamente in base alle nostre forze).
Possiamo provare a entrare nelle scuole, a Città Studi, fare assemblee pubbliche nei Comuni…
Non ci sentiamo pronti? Prepariamoci, ciascuno di noi può essere o divenire un “intellettuale organico”, capace di fare analisi critiche e comunicarle.
Ci si deve spendere per questo, non per convincere ma per essere portatori di quei contenuti antifascisti, antirazzisti, antisessisti, femministi, ecc. capaci di dare corpo alla “comunità politica antagonista”.
Ci vuole tempo, …e ne abbiamo: i tempi bui dureranno ancora a lungo. I tempi della rivolta (non parlo di rivoluzione) sono lontani…
Ho cercato la sintesi e forse ho perso la chiarezza.
Scusate le esagerazioni, mi muove la passione della ragione! …ma avremo tante altre occasioni per confrontarci.
dicembre 2018
marco
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