La situazione ci obbliga a nuovi comportamenti. Fuori da qualsiasi “emergenza” dobbiamo attrezzarci per svolgere appieno un ruolo di “protezione” degli emarginati.
Non intendiamo sovrapporci ai tavoli istituzionali già esistenti, ma il clima culturale diffuso e le scelte politiche nazionali e europee in materia di immigrazione ci impegnano ad un ruolo di difesa delle persone e dei diritti dei senza tetto, dei migranti, dei nomadi, dei soggetti deboli della società, oltre l’immediato intervento di assistenza.
Per questo proponiamo ad associazioni, comitati, ecc. la costruzione di una “rete di mutuo soccorso”, che nel rispetto delle differenze e delle autonomie di ciascuno, produca azioni comuni verso gli ultimi e i senza voce, italiani e stranieri. Consapevoli che per i primi lo status di “cittadini” garantisce loro un potere rivendicativo, che dobbiamo favorire e estendere, mentre per i migranti devono essere coniugati i diritti costituzionali con quelli internazionali verso l’acquisizione di nuovi diritti.
La situazione precaria dei migranti, che sembra farsi più drammatica, ci impone un’azione di difesa delle persone fisiche, oltre le regole imposte dalla politica in materia di accoglienza dei rifugiati, dei diniegati dei clandestini, ecc., fornendo loro informazioni, strumenti per la difesa legale e opportunità per restare o per andarsene. Oggi non possiamo non considerare la pratica della disobbedienza civile quale strumento integrato nelle pratiche di accoglienza.
Ma è altrettanto necessario avviare un’azione culturale che si ponga l’obiettivo di riorientare l’opinione pubblica, di favorire il mutare della percezione del fenomeno immigrazione e dello straniero. Dobbiamo lavorare insieme per incontrare i cittadini e fornire loro le informazioni, le analisi, le osservazioni che possano favorire la comprensione del fenomeno e mutare l’atteggiamento nei confronti dello straniero; dobbiamo favorire e supportare le attività scolastiche di “integrazione”; fare conoscere esperienze di accoglienza di altre aree del paese e europee; moltiplicare le azioni pubbliche in difesa dei diritti negati o calpestati.
Per fare tutto ciò diventa necessario costruire una struttura permanente di comunicazione in grado di mettere insieme informazioni e persone per produrre testi, filmati, azioni di larga diffusione, anche usando i social network.
Solo l’impegno comune lo può rendere possibile.
E’ un impegno gravoso e diverso dalle necessarie e utili pratiche di assistenza e aiuto che molti di noi svolgono volontariamente. La situazione ci impone una strategia comune di accoglienza che sappia proteggere le persone più deboli e garantire ed estendere i diritti di tutte e tutti.
Solo così potremo mettere in moto quella “speranza” che Borgna, in una recente intervista, definisce come “un’inclinazione a non fermarsi alle apparenze, ma a pensare che la condizione attuale, nostra e della società, non è mai definitiva: entrano sempre in gioco la creatività, il cambiamento”.
marco sansoè