Ci sembra che i tempi siano maturi per fare un primo bilancio sul tema dell’accoglienza e parimenti siamo consapevoli che manchino momenti di riflessione non condizionati da posizioni di partito o difensivistiche a causa degli attacchi razzisti.
Lunedì 3 ottobre a Mongrando durante la serata “il Biellese accoglie? Tra paura e solidarietà” è stato di fatto l’ennesimo episodio di una politica che si autoassolve e si autoincensa perdendo l’occasione di riflettere in modo critico e di proporre una progettualità in grado di mutare in senso positivo il sistema dell’accoglienza che continua a essere non solo un atto di solidarietà ma un segno di quella politica che deve ricominciare a schierarsi dalla parte di tutti i deboli per ricostruire una società giusta.
Che l’attuale procedura delle persone che richiedono protezione internazionale produca grandi parcheggi con conseguenti dinieghi e scarsa integrazione oltre ad elevatissimi costi, è un dato di fatto: bisognerebbe sperimentare modelli alternativi fondati sul lavoro e sui bisogni delle persone, smettendo di calare dall’alto progetti destinati al fallimento perché prescindono da quei bisogni e perché attuati da privati interessati prevalentemente all’utile.
Esiste un comune denominatore tra lo sgombero seppure non violento avvenuto all’ex macello di Biella, la demolizione del campo abusivo di Corso Lungo Stura Lazio a Torino e il fallimento di buona parte del sistema dell’accoglienza: assistiamo a tre manifestazioni dell’assenza totale di una politica verso le fragilità ormai numerosissime e contemporaneamente l’incapacità di proporre progetti che nascono da una strategia condivisa con i destinatari delle politiche di inclusione. Far disegnare ai diretti interessati il proprio futuro, dare ai poveri e ai senza tetto la possibilità di auto organizzare gli spazi, fornire luoghi riparati permanenti per la sosta diurna magari con la formazione di unità di strada per l’assistenza sarebbe tremendamente più economico e verosimilmente più efficace, tanto più che esempi virtuosi di questo tipo esistono anche in Italia,
Come Comitato chiediamo dunque alla politica locale e regionale di smettere di autoincensarsi coi palesi fallimenti, ma di lavorare per una valutazione critica dell’esistente per la costruzione di percorsi funzionali non al proprio ego ma alle persone in stato di difficoltà.
Il Comitato “Biellese accoglie Giorgio Marincola“