Oggi siamo qui per ricordare, commemorare: ricordare insieme.
Ricordare una scelta di parte, che migliaia di persone hanno compiuto contro i nazisti e per conquistare la libertà negata dal Fascismo.
Una scelta antifascista che non sarebbe stata possibile senza il concorso delle comunità locali: un “movimento di massa” che ha protetto, difeso e supportato quella lotta di parte: la lotta Partigiana.
La scelta di quelle donne e quegli uomini aveva preso l’avvio dagli scioperi del maggio 1942 a Sesto San Giovanni, del marzo 1943 a Torino e del marzo 1944 in tutto il centro-nord: azioni collettive che segnano l’inizio di una insurrezione che si è posta fin da subito l’obiettivo della Liberazione dal Fascismo e della costruzione di una società nuova!
Un movimento di massa che ha trovato il concorso di diverse componenti ideologiche e politiche: mentre si combatteva, si moriva, si rischiava la prigionia o la fucilazione, si realizzavano comunità combattenti capaci di includere persone diverse con ideologie diverse, tutte e tutti mossi dal desiderio di fondare una società antifascista: si stava inventando la democrazia in Italia, con le pratiche della disobbedienza, dell’autodifesa e del conflitto contro un nemico che era tedesco ma anche italiano. Sì, fu anche una guerra civile.
In questo consiste la scelta radicale della Resistenza, nel coraggio di saper scegliere senza infingimenti, assumendosi la responsabilità dell’obbiettivo che si sta perseguendo, sapendo che non erano possibili compromessi con il passato, e intorno a questa “consapevolezza” si è costruita una unità di intenti che ha travalicato le posizioni di partenza di ciascun schieramento!
Un insegnamento di metodo, un modo di fare politica che, mi pare, abbiamo scordato nei corridoi dei “palazzi del potere e delle Istituzioni” contemporanee.
Noi, che siamo qui come altri in altri luoghi in cui si “ricorda insieme”, noi sappiamo che il risultato di quella lotta fu la democrazia, quella scritta nella Costituzione.
Non ci sono altre occasioni nella nostra storia che possano essere avvicinate a questa. Sbagliò il Presidente Napolitano nel 2011, durante i festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia, a individuare un legame tra la Resistenza e il cosiddetto Risorgimento. Quello fu un movimento d’élite che non seppe costruire una propria autonoma strategia e affidò la costruzione dello stato unitario all’aristocrazia e alla conquista militare dell’Italia da parte dei Savoia. Il risultato politico successivo all’unificazione, lo conosciamo, fu una politica conservatrice o compromissoria che contribuì a segnare, almeno fino ad ora, la forma zoppa o incompleta delle istituzioni italiane!
Nulla a che fare con una lotta di popolo che nella pratica della lotta conteneva già le premesse della forma politica che avrebbe dovuto assumere la nuova forma dello stato italiano! Quella contenuta nella Costituzione: antifascista, democratica, rappresentativa e partecipativa, includente!
Noi che siamo qui sappiamo che la nostra Costituzione è il risultato di quella esperienza di popolo!
Noi sappiamo, senza arrogarci funzioni o compiti che sono anche di altri, che non possiamo stare qui solo per commemorare, perché ricordare insieme vuol dire mantenere vivo l’obbiettivo di quella esperienza, racchiusa nella Costituzione.
Quest’anno l’Anpi ha voluto “intitolare” il 25 aprile al tema: “Attuare la Costituzione per cambiare l’Italia”. E’ da questo invito che vogliamo partire: noi sappiamo che il nostro compito, che non possiamo svolgere da soli, è quello di difendere il risultato di quella lotta, difendere la Costituzione.
…e sappiamo che il compito non è facile: per questo bene ha fatto l’Anpi a contribuire così apertamente, liberamente e vivacemente alla vittoria del No al referendum costituzionale. Quella “riforma” era irrispettosa e autoritaria: non si cambia la Costituzione a colpi di maggioranza, non la cambia il Governo; non si sostituisce il principio della rappresentanza con quello della governabilità: per la Costituzione la partecipazione popolare al voto è la condizione costitutiva della democrazia. Se il sistema politico-istituzionale non funziona, la causa va ricercata nel sistema di potere che si è determinato a partire dal 1948 (ma come dicevo, forse le cause sono ancora più remote), dall’incapacità del sistema dei partiti di garantire contemporaneamente la rappresentanza e la governabilità.
Si possono cambiare le regole del funzionamento delle istituzioni senza stravolgere lo spirito della Costituzione, che garantisce la partecipazione e la rappresentanza politica dalla quale discende la governabilità.
Questa Costituzione già martoriata dalle modifiche dell’era Berlusconi, ha dovuto subire, con il voto del Parlamento, l’ingiuria dell’introduzione in essa del pareggio di bilancio dello Stato, una scelta che contraddice i principi stessi della Costituzione: come si fa a garantire “pari dignità sociale” a tutti i cittadini senza investire e quindi indebitarsi? Come potrà lo Stato a (leggo testualmente l’art.13) “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”, senza investire e indebitarsi? Come potrà ora lo Stato riconoscere (ancora testualmente dall’art.4) “a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuovere le condizioni che rendano effettivo questo diritto”? Con gli incentivi e le defiscalizzazioni alle imprese? con la stabilizzazione del lavoro precario? Cioè intervenendo solo a favore di chi ofrfe il lavoro e mai a favore di chi il lavoro lo cerca? Quando vedremo incentivi e sostegni ai giovani in cerca di occupazione, ai disoccupati? Forse mai, perché questi fanno debito! E’ una trappola!
E noi dove siamo? Noi che siamo qui insieme, qui adesso a ricordare quelli che hanno fatto una scelta di parte, per un futuro migliore, noi cosa facciamo? Come garantiamo che l’Italia sia davvero “una Repubblica democratica fondata sul lavoro”? Possiamo solo “commemorare” o prendiamo in mano la Costituzione e abbiamo il coraggio di dire che questa è il risultato di quel percorso politico collettivo che qui commemoriamo e per questo ci impegniamo a difenderla e a realizzarla!
Noi che siamo qui oggi, cosa diciamo della legge Minniti-Orlando che sul territorio italiano intende diffondere strutture di “detenzione preventiva” introducendo due trattamenti diversi per i cittadini italiani e per i migranti, contraddicendo l’art.10 che recita: “Lo straniero al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica”.
Proprio noi italiani che dal 1870 al 1970, in 100 anni, siamo emigrati a colpi di una media di 100.000 all’anno, con punti di un milione in un anno! Come possiamo permettere questo?
Noi vogliamo difendere la Costituzione e vogliamo che sia applicata pienamente, proprio per ricordare coloro che hanno combattuto per scriverla…
Sapete…, qualche anno fa Bertinotti, quando era presidente della Camera, ha inviato a tutte le scuole superiori gli atti, i verbali della Assemblea Costituente che hanno portato alla scrittura della Costituzione: più di 10 volumi di discussioni, anche durissime, litigi e altro, che hanno portato a questo risultato straordinario. …e qualcuno crede che possa essere piegata agli interessi economici forti, alle ideologie del momento o agli interessi di un governo, qualsiasi esso sia!
Noi che siamo qui, cosa abbiamo fatto, negli anni, per ostacolare coloro che si sono inventate le guerre umanitarie per aggirare l’art.11? Ed ora che spirano nuovi venti di guerra sapremo ostacolare coloro che “giustificano” i bombardamenti USA come risposta ad altre azioni di guerra? cosa facciamo per rispettare e applicare l’art.11 della nostra Costituzione?
Noi che siamo qui ora, come reagiamo ai trucchi di prestigio delle leggi elettorali per cancellare il principio di “una testa un voto”: …non so voi, ma negli ultimi anni, non avendo mai votato per partiti che hanno vinto, il mio voto non è mai stato uguale a 1 ma meno di 1, perché il sistema maggioritario ha fatto valere di più i voti del vincitore! Alla faccia del principio di rappresentanza e partecipazione politica!
Cosa possiamo fare noi che ci ritroviamo ogni 25 aprile a ricordare chi ha combattuto per liberare l’Italia dal Fascismo e scrivere poi questa Costituzione, perché essa sia davvero applicata? Avete visto la drammatica relazione del “Garante dei diritti delle persone detenute…”: 300 pagine nelle quali si scopre che il nostro sistema carcerario è una continua violazione dei dettami costituzionali! Avete visto la questione delle “torture” inflitte nella Caserma di Bolzaneto durante il G8 di Genova, nel 2001. Qui in Italia si può torturare e restare impuniti perché non c’è una legge contro la tortura che garantisca ciò che sancisce l’art.13: “La libertà personale è inviolabile”.
Coloro che si sono messi attorno ad un tavolo tra il 1946 e il 1947 per scrivere la Costituzione erano certamente persone capaci e qualificate, avevano provenienze ideologiche e politiche diverse, ma ciò che li accomunava era aver fatto la scelta della Resistenza, aver partecipato, insieme, a quella lotta di popolo per costruire un mondo migliore.
Vogliamo lasciarli senza che la Costituzione sia stata pienamente attuata? Vogliamo rinunciare a svolgere, insieme ad altri, l’unico compito che possa giustificare la nostra presenza qui?
Se vogliamo davvero ricordare insieme la lotta partigiana dobbiamo avere il coraggio di fare, anche noi, una scelta, una scelta di campo, aperta e includente, ma radicale: stare dalla parte della Costituzione e questo significa lottare con determinazione per i diritti di tutte e tutti affinché la Costituzione sia pienamente attuata!
“Attuare la Costituzione per cambiare l’Italia” dice l’Anpi, facciamolo insieme…
Due cose, però, noi che siamo qui, le possiamo fare subito: abbattere tutti i muri, quelli che abbiamo dentro, dentro a ciascuno di noi, soprattutto quando si materializzano come ostacoli al confronto, alla solidarietà e all’accoglienza; e poi prendere posizione contro la guerra aderendo all’appello dell’Anpi e dell’Arci e di altri, che così dice: “Questo è un appello urgente per la pace. Un appello alla civiltà suprema del dialogo, della sua umanità, della sua intelligenza. Leggiamo e apprendiamo di bombe, di grandi eventi nucleari, di raid preventivi. Un irresponsabile e impressionante gioco alla guerra che deve essere subito fermato. Chiediamo con forza alle Istituzioni internazionali, ai Governi del mondo che si metta a tacere l’assurdo di queste intenzioni che porterebbero a effetti disastrosi e di morte già tragicamente vissuti. Facciamo appello alle cittadine e ai cittadini affinché si mobilitino per diffondere il più possibile voci e iniziative di pace, anche in nome della nostra Costituzione che sempre ci ricorda che “l’Italia ripudia la guerra”.
marco sansoè