Ventimiglia: Prima vittoria contro l’intolleranza, di Livio Pepino e Marco Revelli
L’ordinanza del sindaco di Ventimiglia che vietava di «somministrare cibo ai migranti» è stata revocata!
È un primo risultato (anche) del nostro appello alla mobilitazione nella città del ponente ligure il 30 aprile.
Ed è una buona ragione per moltiplicare l’impegno e la pressione.
Ventimiglia non è il luogo di maggior pressione migratoria né quello in cui si sono verificati i più gravi episodi di intolleranza.
Ed è luogo in cui parte significativa dell’associazionismo laico e cattolico si sta impegnando al meglio per l’accoglienza. Ma è un simbolo di assoluta centralità. Per due motivi fondamentali.
Primo. Ventimiglia è un luogo di confine. Lì, come in altri confini d’Italia e d’Europa, emergono in modo più evidente gli egoismi e le contraddizioni del nostro sistema. I confini tornano ad essere muri. Elementi di divisione. Presìdi contro altre donne e altri uomini. E riemergono intolleranza, violenza, brutalità, rifiuto da parte delle istituzioni. Eppure sui confini si sono mossi, negli ultimi anni, migliaia di cittadini – pensiamo all’Austria, alla Germania, alla Svizzera… – che hanno sfidato le autorità e accompagnato i migranti in un transito che si voleva impedire. Proprio sui confini, dunque, si gioca la credibilità di chi sostiene di volere un’altra Europa, senza precisare quale. Oggi il discrimine è proprio sul tema dell’accoglienza. Senza demagogie. Sapendo che i problemi ci sono. Ma sapendo anche – e dicendolo forte – che essi vanno affrontati con umanità e lungimiranza, non esorcizzati e rimossi.
Secondo. Ventimiglia è un simbolo anche sotto un altro profilo. Perché lì c’è stata una delle più esplicite tra le ordinanze sindacali che vietano la solidarietà e prescrivono il rifiuto. Oggi quella ordinanza è stata revocata ma la cultura che l’ha ispirata resta pericolosamente viva, come si vede, per esempio, con la vergognosa criminalizzazione delle organizzazioni umanitarie che cercano di salvare i naufraghi nel Mediterraneo. Con il decreto Minniti, poi, quella cultura diventa regola. Per difendere il «decoro» urbano e tutelare la «tranquillità» dei cittadini ogni prevaricazione diventa lecita. Fino a trasformare l’antico principio che impone di dar da mangiare a chi ha fame e di dare un tetto a chi non ce l’ha nel suo contrario.
Così l’intolleranza e il rifiuto non sono più solo situazioni di fatto. Diventano regole di diritto e si scrive una nuova pagina di un crescente «diritto del nemico». Con gli sviluppi che la storia insegna e che possiamo facilmente immaginare.
C’è quanto basta per essere in molti, ancora di più, a Ventimiglia il 30 aprile e per dare alla manifestazione un ulteriore significato.
il manifesto, 25/4/2017