Ci è stato segnalato questo intervento di Gennaro Matino apparso sul sito di informazione Huffington Post il 29 novembre. Ci sembra interessante e ringraziamo Denise per la segnalazione.
“Una società globalmente autistica? Giorni fa ero dall’altra parte dell’oceano per qualche chiacchierata a New York e poi a Boston dove ho incontrato alcuni ricercatori italiani di Harvard, splendide intelligenze prestate agli Stati Uniti per ragionare di futuro. Tra loro alcuni si interessavano di autismo, di quella perdita del contatto con la realtà e la corrispondente costruzione di una vita propria, che viene anteposta alla realtà stessa.
Negli anni cinquanta solo parlarne era considerato una semplice ipotesi di studio, appena dieci anni fa si calcolava che potesse ritenersi autistico un bimbo ogni mille nati, la ricerca di Harvard ha certificato che oggi negli Stati Uniti ne nasce uno ogni sessantotto. Lo spettro della definizione di disturbo autistico si è certamente ampliato facendo rientrare nella patologia anche anomalie comportamentali non gravissime, tuttavia fa riflettere quanto sia oggi diffusa.
La domanda non poteva vertere allora che sulla sua origine, la causa di tale incremento, e data la discussione in Italia di questi ultimi tempi su una possibile relazione tra l’autismo e le vaccinazioni mi sono permesso di chiedere se ce ne fosse un nesso. La risposta è stata quasi categorica: non sembra affatto. Sembra che il condizionamento ambientale sia tra le prime cause.
Lo stress, il logorio della vita moderna già dal grembo materno indurrebbero il neonato a proteggersi dai rischi di una costrizione di appartenenza a una società sempre più ripiegata su se stessa, afflitta dalla solitudine, avvertita come una nemica da cui proteggersi. La chiusura nel proprio scrigno di incomunicabilità altro non sarebbe che una reazione protettiva alla paura di affrontare l’egoismo totale di un ambiente sociale che, senza rendersene conto, produce soggetti autistici perché essa stessa autistica.
Una società sempre più confusa dove l’esperienza della comunità è sparita, sacrificata sull’altare del puro individualismo, dove è scomparsa la parola come scambio che sopravvive semmai come monologo o dialogo con i propri fantasmi. Una società autistica che si espande sempre più nel mondo a vista d’occhio ed è possibile vederne gli effetti progressivamente anche in Italia, l’individuo si allontana sempre di più dalla vita reale, ne costruisce una sua, virtuale, finta.
Una società contemporanea che, come ben aveva compreso il sociologo Ilvo Diamanti, è proiettata sempre più verso l’incomunicabilità, dove gli individui non avvertono più nessuna necessità di confrontarsi con l’alterità, se lo fanno è solo virtualmente facendo fatica a guardare negli occhi i propri interlocutori. L’autismo dunque non è più solo una malattia del singolo, ma è un segno distintivo di una società che ha fatto dell’esasperazione dell’individuo proiettato su stesso il fine ultime della propria esistenza.
Anche l’elezione di Donald Trump si può ascrivere alla nascita di una società autistica. La fine dei partiti politici, dei movimenti di massa, dei sindacati, dei circoli culturali, della politica intesa come partecipazione alla vita comune e la sostituzione con il decisionismo, la semplificazione, il dirigismo ne sono un segno palese.
Se la parola come scambio, come rischio, come ricerca dell’altro, come curiosità dell’oltre è ormai surclassata dallo stile dei muscoli gonfi e del cervello asfittico, se discutere, ragionare, confrontarsi, approfondire prima di giungere a una decisione non è più di moda, difficile non dare ragione ai ricercatori di Harvard secondo i quali la società è ormai irrimediabilmente orientata all’autismo.
La speranza è che uno shock esistenziale possa scuotere il mondo, riscoprire l’esistenza come partecipazione a un progetto comune è la cura. Soli si muore cantava il sessantotto, oggi ne abbiamo la prova.”
Gennaro Matino, Huffington Post, 29/11/2016