La Cgil dice NO al referendum
*Non è la riforma della Costituzione che darà maggiore stabilità al Governo. La stabilità di un Governo dipende dalla solidità della maggioranza parlamentare che lo sostiene
* Il nuovo Senato, per composizione e funzioni, non sarà realmente rappresentativo di Regioni e autonomie locali e non avrà la possibilità di incidere realmente sulle leggi che riguardano i territori
* Il nuovo procedimento legislativo è più complesso e variabile di quello attuale: è prevista una pluralità di procedimenti a seconda delle diverse possibilità di intervento del Senato (per materia e fonte normativa) che porterà a maggiori incertezze e conflitti procedurali
* La riforma non allarga gli spazi di rappresentanza e non dà adeguate garanzie alle minoranze politiche. E tutto rimandato a modifiche dei regolamenti, a leggi future e alla legge elettorale
* C’è un’eccessiva centralizzazione delle competenze legislative e dei poteri decisionali, senza alcuna garanzia di uno spazio di autonomia legislativa per le Regioni. Però lo Stato avrà la possibilità di dare maggiore autonomia alle Regioni “virtuose” con il rischio di creare Regioni di serie A e Regioni di serie B
* Non c’è una vera riduzione degli sprechi. Il risparmio è quantificabile, ad oggi, nella cancellazione delle indennità dei senatori (circa 40 milioni).
* Si potrebbe fare di più e meglio modificando i soli Regolamenti, ponendo vincoli e limiti a diarie e rimborsi e riducendo gli emolumenti. Tutto ciò, come il tetto agli stipendi dei consiglieri regionali, si sarebbe potuto definire con legge ordinaria
* L’introduzione del “voto a data certa” per i provvedimenti proposti dal Governo, in assenza di limiti quantitativi e qualitativi, attribuisce all’esecutivo la possibilità di dettare l’agenda parlamentare, rompendo l’equilibrio tra poteri
* Lo Stato farà leggi su materie che ricadono sulla vita delle comunità locali, dalla sanità all’uso del territorio, senza che le Regioni possano opporsi
* Non sarà più necessaria una larga maggioranza per eleggere il Presidente della Repubblica
* La legge elettorale, voluta dallo stesso Governo che ha proposto le modifiche costituzionali e che, per giunta, ha posto la questione di fiducia per ottenerne l’approvazione, non è oggetto del referendum, ma unita a questa riforma, attribuirebbe ad un solo partito, anche se poco rappresentativo dell’elettorato, un potere eccessivo sulle istituzioni del Paese