Cittadini-voucher? No, grazie.
Mai vista una cosa simile da tanti anni per le strade di Biella: via Torino invasa da bandiere e fischietti, vigili alle prese con un traffico impazzito, nessuno slogan violento od offensivo. Solo una forte richiesta di contratto.
A cominciare dagli scioperi del marzo 1943, nascita della Resistenza non armata nelle fabbriche, i lavoratori si sono battuti (e continuano a farlo) perché la democrazia varcasse i cancelli delle aziende, entrasse fra i torni e le scrivanie, ed i dipendenti fossero considerati cittadini come quelli fuori da quei muri. Negli spogliatoi, in mensa, nelle assemblee si chiede che i diritti garantiti dalla Costituzione debbano essere rispettati ed estesi a chi veste una tuta, un camice o un colletto bianco. Noi tutti lavoratori siamo stati sotto il tiro degli attacchi allo Statuto dei lavoratori, l’unico strumento che abbiamo per colmare la disomogeneità altrimenti insanabile fra datore di lavoro e forza operaia. Abbiamo proposto, raccolto firme, consultato giuristi e politici per definire in nuove leggi i significati di rappresentatività e rappresentanza. Abbiamo sempre trovato dei sordi, o degli incapaci a portare avanti tali richieste, per le quali non si chiedeva loro nemmeno lo sforzo di scriverle. Gliele avremmo dettate noi, che sulla nostra pelle abbiamo i segni dello splendore del Capitalismo. Non avremo più la schiena di una volta, come direbbe Cipputi, ma le cicatrici si, le abbiamo ancora e ce le teniamo orgogliosi, perché quando cambia il tempo ci avvertono dei pericoli che corriamo.
Giuristi e sociologi ci avvertono che il combinato-disposto fra riforma Costituzionale e legge Italicum minaccia disastri per il futuro. Per il presente abbiamo le prove di come un altro combinato-disposto, quello Marchionne-Poletti-Renzi, abbia già prodotto una serie di guai impressionanti: la cancellazione dell’art. 18, il Jobs Act, la guerra dichiarata ad una parte di Sindacato. Come non bastasse, sul futuro dei prossimi pensionati ronzerà pure un’APE portatrice di povertà e di ansia, assai più pericolosa dei gufi di cui siamo tacciati. La riforma così com’è congegnata è esattamente il contrario di quello per cui ci siamo spesi e sono disposti a spendersi moltissimi di quelli che erano stamattina a Biella, ed in tante altre piazze: anziché far entrare la Democrazia sul posto di lavoro, si fanno uscire la diseguaglianza, la precarietà, l’impossibilità di scegliersi i propri rappresentanti e le si portano a modello di come debba essere inteso il vivere civile e sociale. Ci dicono che il Paese andrà meglio se lo si gestirà con metodi manageriali come le aziende, confondendo così volutamente la partecipazione col marketing, il ruolo del cittadino con la “mission” dell’individuo anonimo. Ma si rendono conto del deserto industriale che hanno creato? Come possono affermare senza vergogna e senza il senso del ridicolo che le cose andrebbero bene se si governasse l’Italia come loro hanno gestito le aziende? L’unica risposta che mi viene è che a casa loro non hanno specchi. Ed anche e soprattutto perché ci prendono per scemi.
Sono riusciti ad introdurre la schiavitù con l’estremizzazione del precariato e l’invenzione dei voucher. Credo che abbiano di noi elettori la perversa concezione che hanno dei lavoratori: ci concedono di votare (ovviamente, per chi decidono loro) come se ci dessero un voucher civile. Per un giorno ti assumiamo come cittadino, il voto è il tuo vouchre. Da domani torni ad essere disoccupato dalla democrazia, rientri nel rango che ti compete di suddito. Vogliono un cittadino voucher ?No, grazie.
State attenti, scioperanti e gente che dissente, sapete bene che avere delle opinioni diverse dal capo non è igienico. Ed allora non dite che votate No. Non solo al Referendum, ma a tutto questo, se solo questo non è troppo distante dal vero. Ma in cabina, fatelo: tanto pensano che siamo scemi, e non possono farci niente proprio perché siamo così. La difesa del Contratto e del Posto di lavoro va di pari passo, è intrinsecamente connessa alla difesa dei Diritti e della Costituzione. Fa parte della stessa idea di come stare e cosa fare insieme. Grazie a tutte ed tutti quelli con i quali ho potuto condividere una mattinata spesa bene.
Di ritorno da Biella, 18 novembre 2016
Luciano Guala