I milioni di voti che hanno affermato la contrarietà a concedere “in eterno” (fino ad esaurimento) la possibilità di sfruttare le risorse fossili del nostro territorio è un patrimonio sociale, culturale e politico che deve essere compreso, consolidato e organizzato.
Questo referendum non potevamo vincerlo: la crisi della politica, che è già crisi della democrazia, rende queste occasioni di partecipazione sempre più difficili; la campagna di astensionismo e la scarsa informazione hanno fatto il resto…
Per questo il risultato appare di notevole qualità, anche escludendo quei voti che si ponevano l’obiettivo, improbabile e sciocco, di affossare Renzi ci troviamo di fronte ad una massa critica che ha espresso un esplicito interesse per la salvaguardia dell’ambiente e del territorio.
I risultati regione per regione dimostrano che una molla fondamentale è il diretto coinvolgimento dei cittadini intorno alle sorti del proprio territorio, maggiore dove i cittadini sono diventati essi stessi artefici dell’azione di contrasto e lotta per una diversa gestione del territorio, penso al grande movimento NoTriv della Basilicata (del quali il giornalismo italiano non ha mai parlato).
E’ da questo popolo che si può partire per la ricostruzione di un movimento dal basso capace di pensare al territorio come bene comune e alla qualità della vita come bisogno collettivo. Non è importante sondarne le ideologie o le tendenze politiche. Indispensabile invece è costruire reti e contatti per tenere insieme coloro che si sono espressi in questa consultazione parziale, per farli diventare soggetti di una nuova forma della politica che diffida della rappresentanza perché preferisce la partecipazione diretta alla difesa del territorio e alla costruzione di un diverso modo di gestire le risorse.
Forse è da qui che si deve cominciare per fare crescere una opposizione sociale capace di scavare gallerie per dare luce al malcontento, alla protesta, alle speranze e ai sogni sotterranei di coloro che non si vogliono adeguare o arrendere o che cercano altro o che coltivano speranze per “un altro mondo possibile”.
Dobbiamo capire come agire: quali strumenti mettere in moto per intercettarli, trattenerli e lavorare con loro.
Forse possiamo mettere in gioco strumenti di inchiesta mirati a questo scopo; fornire occasioni di confronto di massa attraverso i social network e/o occasioni di confronto pubblico… Da qui costruire un “fronte critico” capace di fare, oggi, opposizione sociale, domani, se ne sente l’esigenza, opposizione politica, costruendo quel soggetto politico nuovo di cui si parla da tempo e che per molti coincide con un nuovo partito, per altri con una “nuova sinistra”. Per noi può essere solo ciò che il percorso di partecipazione dal basso indicherà e vorrà essere, quando sarà diventato movimento di lotta e non solo d’opinione.
Credo si debba lavorare per realizzare questo!
marco sansoè