Questo è un libro importante. Ci accompagna, attraverso l’analisi rigorosa dei fatti, in Palestina e in Israele per scoprire che lì non è in corso una guerra, ma si sta assistendo ad uno scontro che per certi versi può apparire definitivo: la cancellazione della Palestina.
Gli autori Enrico Bartolomei, Diana Caminiati e Alfredo Tradardi sono conoscitori profondi della questione palestinese, da anni si dedicano, attraverso lo studio e le pratiche di solidarietà, ad un opera di controinformazione allo scopo di superare i luoghi comuni e le letture ideologiche che avvolgono la storia della formazione dello stato di Israele.
In questo libro gli autori lavorano con passione e rigore per dare un nome alle cose senza ambiguità, è così che prende forma una implacabile lettura della realtà che non lascia spazio a comode interpretazioni.
Così l’occupazione israeliana della Cisgiordania assume i caratteri della pulizia etnica mentre a Gaza è già diventato genocidio!
In Cisgiordania si allargano le occupazioni delle terre con gli insediamenti dei coloni. La mappa della regione è nettamente divisa in due e frantumata in piccole parti racchiuse da muri e divieti di accesso a strade e autostrade riservate solo agli israeliani: geograficamente la Cisgiordania non esiste più! Ma la violenza israeliana si accanisce anche sulle colture palestinesi: la loro distruzione sistematica e il controllo delle risorse idriche rendono impossibile qualsiasi attività economica autonoma. Anche le attività economiche commerciali dei palestinesi sono sottoposte a vessazioni e boicottaggio. Siamo in presenza di un regime di apartheid non diverso da quello sudafricano di qualche anno fa (forse pochi ricordano che le forze speciali di Israele collaborarono per la sicurezza del Sud Africa degli afrikaner!).
A Gaza la situazione è ancor più drammatica. Qui ci troviamo di fronte alla realizzazione di una autentica politica concentrazionaria: isolamento e controllo dei confini, razionamento alimentare, demolizioni e rastrellamenti sistematici, bombardamenti periodici per testare nuove armi, … Qui è in corso un vero genocidio. Gaza appare sempre più un luogo fantasma dove si soffre e si muore con più facilità di qualsiasi altro posto ed è difficile resistere!
Tutto ciò è documentato non come il risultato di una stortura del diritto internazionale, né come la risposta necessaria alla difesa di Israele, ma come un disegno programmatico che non ha solo l’obiettivo di “proteggere” Israele ma anche quello di tenere sotto controllo l’intero Medio oriente. Alcuni documenti confermano che la destabilizzazione del Medio oriente e la sua frammentazione politica sono funzionali al controllo che Israele, esportatore di sistemi securitari (quanto mai attuali!) esercita nella zona quale “fortezza militare dell’occidente”: le recenti vicende confermano la sintonia con il disegno degli Usa, della Francia, della Turchia, e non solo… Secondo gli autori ciò al quale stiamo assistendo in Palestina è una sorta di “laboratorio” per una possibile via securitaria (e/o concentrazionaria), un “pacchetto tutto compreso” esportabile a chiunque lo richiedesse!
Attraverso questo percorso scopriamo che Israele è uno stato militarizzato dove gli spazi politici democratici sono sempre più ridotti e il dissenso è criminalizzato. Nonostante ciò continuano a farsi strada forme significative di rifiuto delle politiche di Israele contro i palestinesi, e spesso prendono avvio nell’ambito dell’esercito, che è diventato lo strumento principale della politica israeliana dentro e fuori Israele.
E’ difficile non cogliere il legame stretto tra la questione palestinese e l’assetto globale delle politiche neoliberiste sia in ambito economico che nelle forme assunte dalla politica.
L’analisi che gli autori fanno delle forme di controllo esercitate da Israele su quella che dovrebbe essere la Palestina dimostra chiaramente che l’ipotesi “due popoli e due stati” è superata dalla storia. La Palestina non c’è più, al suo posto c’è una frantumata e divisa Cisgiordania nella quale Israele ha instaurato un regime di apartheid mentre Gaza è un grande campo di concentramento dove è in corso un genocidio. I fallimenti di tutti gli accordi, ultimo quello di Oslo, il disprezzo o l’indifferenza di Israele per le mozione dell’ONU e il diritto internazionale hanno contribuito a seppellire ciò che la storia recente ha già cancellato, cioè l’ipotesi che sia possibile costruire un percorso politico che porti alla nascita di due stati separati.
Il futuro è nella difficilissima costruzione di un solo stato laico e pluralista nel quale sia battuto l’odio e la diffidenza palestinese e israeliana: ciò che pare impossibile è l’unica via praticabile e a questo i palestinesi si devono preparare e noi dobbiamo aiutarli.
Aprile 2016
Marco Sansoè