Mohamed ha 4 anni e mezzo, e gli piacciono tanto i puzzle. L’ho conosciuto quando ho iniziato a fare tirocinio nella sua classe. È un bambino molto timido, che non parla quasi mai, se non con un sussurro, appena un filo di voce.
Le insegnanti non si spiegano il perché di questo blocco. Mohamed ha gli occhi più profondi che abbia mai visto, è straordinario pensare che appartengano a una persona così piccola.
Quando finisce un disegno alza di scatto la testa verso di me e mi guarda, con un sorriso appena accennato, aspettando un responso; se gli dico che è stato bravo, che il suo disegno è bello, la bocca si apre leggermente e i suoi occhi si illuminano. Ti guarda con un’intensità che non ti aspetti, che ti prende in contropiede le prime volte che glielo vedi fare, e forse anche quelle future.
Quando sorride ti guarda dritto negli occhi, con i suoi così straordinariamente profondi. Mohamed ha, nel suo sorriso sincero e fiducioso, tutta l’innocenza dei suoi 4 anni, ma a volte, forse perché non parla mai, mi sembra di vedere una certa saggezza in lui.
Vorrei che, chi oggi in seguito all’attentato a Parigi ha scritto frasi piene d’odio verso la religione o la cultura da cui proviene, potesse conoscere Mohamed. Vorrei che questo bambino potesse crescere nel proprio paese, l’unico che conosce, sentendosi libero di provare ciò che vuole. Vorrei che avesse l’opportunità di amare il posto dove è cresciuto, e vorrei anche che gli sia concesso di odiarlo, qualche volta. Senza che il suo odio sia ritenuto diverso o più pericoloso di quello dei suoi compagni di classe. Vorrei che crescendo la sua decisione di non parlare, o di farlo, sia solo sua e non condizionata da qualcuno che pensa di sapere già tutto di lui, guardando la sua pelle e leggendo il suo nome.
Mohamed non è un bambino perfetto, a volte dice bugie o disobbedisce, ma vorrei che gli fosse concesso di sbagliare al pari degli altri, che non debba dimostrare niente a nessuno, che non gli venga richiesto di essere ineccepibile per non essere giudicato, che non sia mai accusato di qualcosa di cui non sia il diretto responsabile. Vorrei che nessuno mai associ il suo nome, nemmeno quando sarà adulto, ad eventi come quelli di ieri. Vorrei che chi pensa a Mohamed pensasse solo ai puzzle.
la figlia 22nne dell’amica Elena
Torino, 14/11/2015