In Tunisia rifugiati tra carcere e deportazione

razzismo-italianoUn intervento che ci aiuta a capire come le strutture di “accoglienza” in nord Africa, qui si fa riferimento alla difficile situazione in Tunisia, rischino di diventare veri e propri “campi di concentramento” e non garantiscono né diritti né sopravvivenza. Appare così improponibile la proposta della destra europea e italiana di costruire delle strutture di accoglienza in quei paesi. 

In Tunisia rifugiati tra carcere e deportazione

Maghreb. Reportage dalla Tunisia dove molte persone in fuga dalla Libia restano intrappolate in un limbo giuridico e trasformate in irregolari. Ostacoli per il rientro nei Paesi d’origine: niente legge sull’asilo e tassa mensile

Martina Tazzioli

Ore cin­que del mat­tino, 1 set­tem­bre, Tunisi. A dare la noti­zia al tele­fono è uno dei rifu­giati del campo di Chou­cha, al con­fine con la Libia: «Ci stanno por­tando al con­fine con l’Algeria, ci mollerano nel deserto, siamo…». Poi la chia­mata si inter­rompe, uno dei poli­ziotti, pro­ba­bil­mente strappa di mano il tele­fono a O.; da quel momento per tutta la mat­tina si per­dono le tracce dei dieci ragazzi, nige­riani e suda­nesi, da una set­ti­mana dete­nuti nella pri­gione di War­dia a Tunisi per aver pro­te­stato di fronte alla dele­ga­zione dell’Unione euro­pea chie­dendo di essere tra­sfe­riti in Europa, e che i fun­zio­nari UE hanno lasciato arre­stare dalla poli­zia tuni­sina. Poi un sms dopo qual­che ora: «La poli­zia ci ha lasciato alla fron­tiera alge­rina, vicino Kasserine».

Men­tre l’Unione euro­pea si appre­sta a pas­sare alla fase due della mis­sione mili­tare Euna­v­for e firma accordi bila­te­rali con i paesi afri­cani per bloc­care le par­tenze dalla Libia, la Tuni­sia, una pre-frontiera d’Europa par­ti­co­lar­mente cru­ciale in que­sto momento vista la pros­si­mità geo­gra­fica con la Libia, arre­sta e deporta verso l’Algeria rifu­giati e richie­denti asilo. La costru­zione delle prefrontiere euro­pee comin­cia anche lasciando che i cosid­detti «paesi terzi» «gesti­scano» a loro modo migranti e rifu­giati, non importa se bloc­can­doli nel deserto di Chou­cha per quat­tro anni o depor­tan­doli nel deserto algerino.

Que­sto è quanto accade in Tuni­sia, Paese che pur avendo fir­mato la Con­ven­zione di Gine­vra a oggi non ha ancora una legge sull’asilo; e que­sto fa sì che anche coloro che hanno otte­nuto la pro­te­zione inter­na­zio­nale dall’Alto Com­mis­sa­riato per i Rifu­giati pos­sano essere arre­stati e detenuti, rischiando di essere poi depor­tati nel deserto alge­rino. Rifu­giati ille­ga­liz­zati dalle autorità tuni­sine per i quali sono sem­pli­ce­mente migranti irre­go­lari sul ter­ri­to­rio. O richie­denti asilo che, come le dieci per­sone depor­tate ieri mat­tina nel deserto alge­rino, erano stati ille­ga­liz­zati (la non con­ces­sione del diritto d’asilo li ha tra­sfor­mati in migranti irre­go­lari sul ter­ri­to­rio tuni­sino) nel 2012 dall’Unhcr, che come a molti altri in fuga dalla Libia e arri­vati al campo di Chou­cha, sono stati dinie­gati della pro­te­zione internazionale.

Se da un lato la Tuni­sia ha finora sem­pre resi­stito alla pres­sione dell’Ue rivolta a costruire campi e strut­ture deten­tive finan­ziati dall’Europa, dall’altro la «gestione» dei migranti pro­ve­nienti dalla Libia rea­lizza in parte quello che i paesi euro­pei si aspet­tano, ovvero fare in modo che que­sti, in un modo o nell’altro, non arri­vino sull’altra sponda del Medi­ter­ra­neo. La pri­gione di War­dia, situata in quar­tiere peri­fe­rico di Tunisi con lo stesso nome, è uno dei luo­ghi, inac­ces­si­bile alla mag­gior parte degli avvo­cati, che il governo tuni­sino uti­lizza per far spa­rire i richie­denti asilo dal ter­ri­to­rio. A Wardia però sia l’Alto Com­mis­sa­riato per i rifu­giati che l’Organizzazione Inter­na­zio­nale per le Migra­zioni (Oim) pos­sono acce­dere, ma non risulta che le due orga­niz­za­zioni abbiano ripor­tato cosa accade all’interno, e soprat­tutto non ven­gono seguite le tracce di chi da War­dia improvvisamente scom­pare. Una volta arre­stati e por­tati a War­dia, i rifu­giati ven­gono minac­ciati dalla Garde Natio­nale tuni­sina di essere depor­tati in Alge­ria nel caso in cui ad acqui­stare con i propri mezzi eco­no­mici un biglietto aereo per fare ritorno nel pro­prio Paese di origine.

Tra loro vi sono anche fami­glie di siriani, a cui la Tuni­sia non ha con­cesso un per­messo di soggiorno né una pro­te­zione uma­ni­ta­ria. A War­dia fini­scono anche coloro che arri­vano dal mare: di fatti, in que­sto momento con l’inasprimento dei con­trolli alla fron­tiera libica e la costru­zione in corso del muro pia­ni­fi­cata dal governo tuni­sino, in Tuni­sia arriva solo chi viene soc­corso dalla Guar­dia Costiera tuni­sina nel ten­ta­tivo di arri­vare in Europa dalla Libia. «Sulla nostra imbar­ca­zione, par­tita dalla città di Zwhara, era­vamo 97 eri­trei, e molti come me ave­vano già otte­nuto l’asilo poli­tico. Al largo della Tuni­sia siamo stati sal­vati dalle auto­rità tuni­sine», rac­conta R., rifu­giato eri­treo «ma poi giunti nel porto di Zar­zis 60 di noi sono stati por­tati a War­dia, dove siamo rima­sti un mese». Senza alcuna giu­ri­sdi­zione che ne rego­la­menti il fun­zio­na­mento, War­dia resta un luogo rispetto a cui non è pos­si­bile avere numeri su chi entra e chi esce. E alla totale opa­cità di que­sta pri­gione va ad aggiun­gersi anche l’invisibilità di altri cen­tri deten­tivi per migranti, il cui numero sem­bra oscil­lare tra dieci e tre­dici, sparsi nel Paese. Cen­tri di cui ha dato nota il dos­sier redatto nel 2013 dall’Alto commis­sa­rio per i Diritti Umani dell’Onu Fra­nçois Cre­peau e di cui par­lano molti migranti in Tunisia.

Dal 2011 lo spazio-frontiera tuni­sino è diven­tato paese di tran­sito ma anche, sem­pre piú, paese di «immi­gra­zione invo­lon­ta­ria»: in effetti, molte delle per­sone in fuga dalla Libia restano intrap­po­late in Tuni­sia in un limbo giu­ri­dico che impe­di­sce loro di pro­ce­dere in qua­lun­que dire­zione. Con le molte domande di asilo dinie­gate dall’Unhcr, che tra­sforma dun­que richie­denti asilo in migranti irrego­lari sul ter­ri­to­rio tuni­sino, e a fronte dell’impossibilità per chi ottiene la pro­te­zione di essere rego­la­riz­zato dalle auto­rità tuni­sine, per molte e molti migranti arri­vati in Tuni­sia, i muri della prigione di War­dia non sono gli unici: il rifiuto dei paesi euro­pei di garan­tire il reset­tle­ment ai pochi rima­sti al campo di Chou­cha, l’assenza di una legge sull’asilo e la tassa di 80 euro men­sili per ogni mese tra­scorso da irre­go­lare da pagare per rien­trare nel pro­prio Paese di ori­gine sono solo alcuni degli osta­coli che bloc­cano i rifu­giati in Tunisia.

E il governo tuni­sino cerca d’altro canto di risol­vere il pro­blema delle pre­senze non volute disperdendo i migranti sul ter­ri­to­rio ed effet­tuando depor­ta­zioni nel deserto alge­rino, sem­pre piú fre­quenti nell’ultimo anno, senza che peral­tro vi sia un accordo tra i due Paesi.

Con l’invisibilizzazione poli­tica dello spazio-frontiera tuni­sino, cer­ta­mente defi­lato rispetto ai riflettori pun­tati in que­sto momento sulla sponda nord e sui numeri di som­mersi e sal­vati nel mare Medi­ter­ra­neo che scan­di­scono i pic­chi di atten­zione media­tica, diventa dif­fi­cile par­lare dei «pic­coli numeri» che attual­mente carat­te­riz­zano il con­te­sto migra­to­rio della Tuni­sia. Non solo, guar­dando alle pri­gioni segrete tuni­sine esclu­si­va­mente attra­verso il metro del rispetto dei diritti umani si rischie­rebbe di cor­ro­bo­rare la nar­ra­zione dell’Unione euro­pea, pronta a fir­mare accordi con dittature afri­cane come quella eri­trea e insieme a con­dan­nare l’inottemperanza dei paesi terzi nei con­fronti degli stan­dard inter­na­zio­nali uma­ni­tari. Tanto piú che in que­sto momento gli stati euro­pei stanno dando prova di met­tere in atto ovun­que vere e pro­prie cacce ai migranti.

 

Il dos­sier pub­bli­cato dal sito (http://www.sto­rie­mi­granti.org/spip.php?article1079), Rifu­giati in Tuni­sia: tra deten­zione depor­ta­zione, frutto di un lavoro di ricerca pos­si­bile attra­verso le testimonianze rac­colte in diretta tele­fo­nica con rifu­giati dete­nuti a War­dia. E que­sto dos­sier guarda alla Tuni­sia per mostrare e con­te­stare gli effetti delle poli­ti­che di ester­na­liz­za­zione dell’Unione euro­pea che, diret­ta­mente strin­gendo accordi con i paesi terzi, o indi­ret­ta­mente lasciando che siano que­sti a gestire a loro modo il «pro­blema», cerca di mol­ti­pli­care le pro­prie pre-frontiere.

il manifesto, 2/9/2015

 

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