Qualcosa mi sfugge e non capisco. Certamente è mia la responsabilità, ma lasciatemi provare ancora una volta a dire ciò che penso prendendo spunto da questa ultima tornata elettorale…
1. il dato rilevante, davvero l’unico, è l’astensionismo: evidentissimo, pesantissimo e significativo, in particolare, in Emilia Romagna, proprio per l’accumulo di storia e di esperienze politiche racchiuse in quella Regione. Questo è un fatto;
2. l’astensionismo non riguarda alcuni più di altri (non mi riferisco ai numeri) ma riguarda politicamente tutti: partiti, liste, movimenti che hanno partecipato a queste elezioni. Qualsiasi giustificazione, qualsiasi facile spiegazione, qualsiasi tentativo di eludere il fatto è irresponsabile e/o segno di mala fede o di volontà politica truffaldina (vedi Renzi);
3. le percentuali di voto, politicamente, non dicono nulla. Solo il numero dei voti di ciascuna “lista” ci dice come sono andate le elezioni, perché parlano delle persone che hanno votato e espresso una opinione o fatto una scelta…
Questo piccolo test elettorale ci dice che nel paese è in corso una tendenza all’astensionismo che sta assumendo il connotato della protesta attiva nei confronti delle forme con le quali la politica si presenta: le istituzioni e i partiti.
Non partire da questa considerazione vuol dire rinunciare ad analizzare nel profondo il processo in corso quale manifestazione della “crisi della politica”, non intesa semplicemente come distanza tra politica e società, disaffezione, critica alla corruzione, mancanza di speranza, ecc…, ma intesa come crisi delle forme della rappresentanza e della delega. Non cogliere questo significa eludere il problema di fronte al quale ci troviamo!
Scusate la semplificazione un po’ grezza, ma credo che il ciclo aperto dalla Rivoluzione francese si stia esaurendo: noi ci troviamo di fronte alla crisi della democrazia rappresentativa e delle forme politiche della delega.
Per questo la riflessione di una comunità che ha la sana pretesa di costruire un soggetto politico nuovo (e l’ordine delle parole non è estetico) non può indugiare sulle alleanze o la distribuzione di patenti di coerenza o la gerarchia delle sfumature del rosso, ecc…
Una comunità come L’Altra Europa credo debba interrogarsi su:
– come costruire forme di democrazia partecipata e di democrazia diretta, ora, subito, nelle condizioni date e nella società presente;
– come lavorare affinché le diverse esperienze di lotta distribuite sul territorio possano assumere le forme dell’azione politica diretta capace di incidere sulle scelte istituzionali;
– il ruolo delle istituzioni nazionali, regionali e locali nella fase attuale;
– la fine della forma partito, il suo superamento e la costruzione di uno strumento politico diverso e nuovo;
– quali strumenti mettere in campo per allargare la coscienza collettiva verso il superamento della delega a favore della democrazia diretta.
Come si capisce la partecipazione alle contese elettorali sarebbe superflua, perché prioritario sarebbe il processo di costruzione di forme di democrazia diretta, …non ne avremmo nemmeno il tempo!
In tempi di elezioni potremmo lavorare per una astensione elettorale critica, attiva e consapevole oppure aderire, volta per volta, a programmi che vanno nella direzione che riteniamo più utile.
Ma nel frattempo possiamo preparare il terreno per dar vita a quel soggetto politico nuovo che non può più, mi pare, nascere dalla somma di soggetti politici esistenti, ma dalla costruzione, dal basso, di percorsi che dall’autodeterminazione dei bisogni e l’autorganizzazione dei conflitti possano dare vita a nuove soggettività politiche.
I tempi sono lunghi, qualsiasi scorciatoia sarebbe un cedimento al passato della “crisi della democrazia” e ci allontanerebbe dall’obbiettivo…
Scusate le semplificazioni…