Lunedì 27 ottobre a Biella: “Quando i telai battevano a mille”.

invito alla serata 

QUANDO  I  TELAI  BATTEVANO  A  MILLE

Cinque brevi film, realizzati a Biella tra il 1958 e il 1962.

Testimonianze di un periodo cruciale della storia sociale e industriale della città

c/o NOI BIELLESI
Via Costa di Riva 8 – Biella

Lunedì 27 ottobre 2014, ore 21  

INGRESSO LIBERO

 

E’ la fine degli anni ’50. Nel capoluogo laniero il boom economico sembra in anticipo sui tempi. Le fabbriche battono a mille e richiamano forza lavoro dal circondario e da altre regioni. La disoccupazione quasi non esiste. La città si estende verso sud con la costruzione di nuovi quartieri, case popolari, strutture sociali e sportive.

Nelle immagini in bianco e nero di quell’epoca il popolo biellese appare operoso e austero. Si lavora tanto, ci si diverte poco. Pure, in questi piccoli e preziosi film, si rivela una comunità capace di riflettere sui problemi del presente e di interrogarsi sul futuro. Non si tratta solo dell’iniziativa di alcuni studenti/artisti quali erano i ragazzi del Cine Club Biella. Dietro a quei film c’è sovente il sostegno produttivo di qualche industriale, come Aldo Blotto Baldo, fratello dell’allora sindaco Bruno e mecenate del cinema biellese. Fu lui a finanziare un film ambizioso e importante come Ritorno, e fu lui a chiamare a raccolta i cineamatori per documentare gli eventi pubblici più significativi di quegli anni, come lo smantellamento della “cintura di ferro”, la linea ferroviaria cittadina che portava alla vecchia stazione, o l’inaugurazione della piscina Rivetti, a sua volta voluta e finanziata da un altro grande industriale, Guido Alberti Rivetti, per onorare la memoria del figlio Massimo. Allo stesso modo sono personaggi come Giorgio Rivetti a finanziare importanti opere sociali, o a promuovere eventi di grande richiamo, come il grande Carnevale 1959, di cui il film Ridolini servitore in casa Tapponi, con Febo Conti protagonista, fu una divertente appendice.

Industriali, mecenati, filantropi, benefattori. In una sola parola potremmo chiamarli paternalisti, perché quello del paternalismo industriale pare essere in quegli anni il paradigma dello sviluppo economico-sociale del distretto laniero. Un modello che oggi non esiste più. Con la crisi dell’industria la città si spopola e non attrae più immigrati come ai tempi del film Quinta colonna. Al posto del miraggio del lavoro in fabbrica, così ben descritto nel film Ritorno, c’è oggi la prospettiva di un ritorno alla campagna. Chiudono fabbriche e negozi, le case sono in vendita, la città è in cancrena. La catena lavoro-ricchezza-progresso sociale si è bloccata. Il lavoro manca, è vero, ma di ricchezza ce n’è ancora. Perché non ripartire da quella? Attingere al patrimonio, sbloccare qualche conto svizzero, avere delle idee, investire, credere ancora nel futuro.

Tutte le pellicole presentate sono state recuperate, restaurate e riversate in digitale da Giorgio Pisca


I FILM:

RITORNO – UNO DELLA MONTAGNA (1958)

Uno dei film biellesi più ambiziosi e importanti, che conserva, a distanza di molti anni, un suo particolare fascino e significato. Un giovane margaro (Pier Carlo Ressia) lascia gli alpeggi e l’anziano padre per trasferirsi in città, dove, con la raccomandazione del parroco, trova lavoro ai Lanifici Cerruti. La vita di città si rivelerà per lui caotica e difficile.

Un film ben scritto, ben girato e ben interpretato, che affronta con coraggio un tema dai risvolti sociali, l’abbandono delle montagne e l’urbanizzazione indotta dalle fabbriche, in un periodo storico in cui il richiamo del mondo industriale su quello rurale era forte e inesorabile. Tendenza che pare oggi invertita di fronte alla crisi e alla disoccupazione, che inducono sempre più giovani a cercare nel ritorno alla campagna prospettive per il futuro.

LA CINTURA DI FERRO (1958)

Un documento storico importante. 1958. Un treno carico di curiosi e di autorità arriva a Biella. E’ l’ultimo a raggiungere la vecchia stazione di fronte ai giardini Zumaglini. Il nuovo capolinea sarà d’ora in poi la stazione San Paolo, inaugurata vent’anni prima da Benito Mussolini. E’ l’inizio dello smantellamento della “cintura di ferro”, l’anello di binari che attraversa la città ed è ormai ostacolo al sempre crescente traffico automobilistico.

Un viaggio della nostalgia che ci fa riscoprire una città dimenticata. Non solo l’area della vecchia stazione, dove oggi sorge un supermercato, e che qualcuno continua impropriamente a chiamare CdA. La “cintura” passa per via Lamarmora in una vasta area di magazzini e depositi laddove via Pietro Micca si interrompe e via Fecia di Cossato ancora non esiste, poi taglia due volte via Rosselli, nei pressi dell’ITIS con un passaggio a livello e su un ponte all’altezza di via Macallé, e infine prosegue in aperta campagna costeggiando a sud la zona dello stadio.

Un documentario molto curato, realizzato da cinque operatori, con il commento fuori campo di Peppo Sacchi secondo lo stile del cinegiornale, arricchito da belle vedute aeree e da interviste ai ferrovieri che hanno prestato servizio nella vecchia stazione.

Una testimonianza consapevole di una città in trasformazione che si conclude con un nostalgico commento: “con la vecchia stazione muore anche una parte di noi stessi, quella della nostra giovinezza”.

INAUGURAZIONE PISCINA MASSIMO RIVETTI (1958)

Per onorare la memoria del figlio Massimo, scomparso nel 1955, a soli ventotto anni, in un incidente stradale, l’industriale Guido Alberto Rivetti e la moglie Clelia finanziarono la costruzione di un complesso sportivo con piscina e palestra.

I lavori di costruzione, guidati dal progettista Ing. Ravizza, iniziarono nella primavera 1957 e durarono circa un anno. Una volta ultimato il complesso fu donato alla Città di Biella e destinato ad essere utilizzato come pubblica piscina e palestra con il divieto di mutarne in futuro la destinazione.

Il filmato documenta la cerimonia di inaugurazione, avvenuta l’11 maggio 1958 in presenza del sindaco Bruno Blotto Baldo e delle massime autorità cittadine, di monsignor Giuseppe Botta e del ministro Giuseppe Pella.

Il piccolo Alberto Rivetti, nipote dello scomparso Massimo, taglia il il nastro tricolore all’ingresso della piscina mentre uno stormo di colombe si alza in volo dal tetto. Seguono i discorsi delle autorità e il saggio ginnico degli allievi dell’Istituto Superiore di Educazione fisica di Roma. Poi, finalmente, sotto l’occhio vigile del bagnino Adelio, la piscina apre le porte ai bagnanti di tutte le età. L’auspicato mare di Biella è finalmente realtà.

RIDOLINI SERVITORE IN CASA TAPPONI (1959)

Febbraio 1959. A Biella va in scena la più sontuosa edizione del Carnevale che la città ricordi. Voluta, finanziata e presieduta da Giorgio Rivetti, ospita in città i cantanti più in voga del momento (tra cui Tony Dallara, fresco del successo di Come Prima) e fa sfilare nelle anguste strade del centro i giganteschi carri di Viareggio. A presentare gli spettacoli c’è Febo Conti, attore e conduttore radiofonico che pochi anni dopo avrebbe legato la sua popolarità alla trasmissione televisiva “Chissà chi lo sa”. Terminato il carnevale Febo Conti rimane per alcuni giorni in città per interpretare il ruolo di Ridolini in un breve film diretto da Peppo Sacchi che ripropone il celebre personaggio delle comiche creato da Larry Seamon all’epoca del muto. Ernesto Gastaldi, che allora frequentava già a Roma i corsi del Centro Sperimentale, scrive il copione del film, uno dei primi della sua lunga carriera di sceneggiatore, e realizza anche il montaggio.

Un film divertente di ambientazione anni 20, con uso di auto d’epoca e meticolose ricostruzioni di costumi e ambienti.

QUINTA COLONNA (1962)

Inchiesta quasi vera e quasi seria condotta da Peppo Sacchi” recita la didascalia di questa piccola commedia travestita da reportage giornalistico. E’ Peppo Sacchi, in veste di narratore-giornalista, a introdurre la storia, una delle tante che costituiscono la realtà di una piccola città di provincia. Un siciliano stabilitosi al nord (il pittore Armando Santi) scrive alla famiglia di raggiungerlo. Alla stazione San Paolo, guidati dal capofamiglia (Adriano Delmastro) arrivano in nove: fratelli, cognate, cugini, nipoti. La famiglia allargata si stabilisce in una modesta casa di campagna. A fianco abitano dei biellesi purosangue. Tra le due “etnie” i rapporti sono difficili. Chiusi, scontrosi e burberi i biellesi, rumorosi e un po’ maleducati i meridionali. Dopo qualche anno Concettina (Eliana Pautasso), una ragazza della famiglia del sud, è diventata una bella signorina. Il figlio di un industriale locale (Giulio Maggia) la abborda al luna park e la porta in Burcina. Il padre di lei scopre il “misfatto” e obbliga il giovane a sposare sua figlia. La nuova famiglia a sangue misto si trasferisce in un moderno palazzo. Ora tutti lavoreranno nell’industria di famiglia.

Una piccola divertente fiction che affrontra con leggerezza, e un briciolo di razzismo, il fenomeno dell’immigrazione dal meridione. Era il 1962, soltanto un anno più tardi apriva i battenti, in piazza Fiume, la prima pizzeria biellese.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *