I movimenti e questo movimento
I movimenti sono i movimenti, sono come sono ed è illusorio volerli come ci piacerebbero, non si cambiano, si condividono e/o si criticano.
I movimenti sono fatti di persone che agiscono sui bisogni, sui propri e su quelli della collettività, per questo affrontano solo le questioni che conoscono, che li coinvolgono. Condividono con altri una condizione.
Sanno che le responsabilità della propria condizione è di altri, sanno chi sono i responsabili, li combattono e chiedono risposte e chiedono cambiamento.
Non delegano, sanno che devono fare da soli, perché hanno la netta percezione della crisi della politica: sanno della crisi dei partiti, sanno che la democrazia rappresentativa è solo uno strumento.
Nessuno li rappresenta e non si fanno rappresentare da alcuno, le richieste le rivolgono a tutti.
Al loro interno ci possono essere associazioni e gruppi organizzati, possono essere strumentalizzati, anche dalla destra estrema, come parte del “movimento dei forconi”…
Meriterebbe parlarne più a lungo ma… non vorrei che sfuggisse a nessuno di noi che quella alla quale assistiamo è la manifestazione di insofferenza e rabbia di quelli che dagli anni ’80 vengono chiamati “il popolo delle partite IVA”: un popolo creato dalla vittoria del neoliberismo in Italia, usato come ammortizzatore delle tensioni sociali conseguenti allo smantellamento della grande industria italiana e alla conseguente espulsione dal mercato del lavoro di decine di migliaia di lavoratori.
Una parte consistente di questo movimento è formato da lavoratori autonomi (ceto medio) che negli anni ’80 e ‘90 rappresentavano “la speranza” di successo del sistema capitalistico, l’illusione dell’individualismo proprietario, l’illusione del facile successo personale: quella nuova cultura di massa che ha permesso a Berlusconi di vincere per 20 anni e al PD di convertirsi definitivamente alla convinzione che questo fosse l’unico mondo possibile!
Oggi sono solo alcuni dei nuovi poveri, figli del nostro tempo (quello che abbiamo subito), senza “riferimenti politici” (per questo strumentalizzati dalla destra), con l’acqua alla gola, l’ignoranza e il qualunquismo che li caratterizzano e si agitano per denunciare una condizione drammatica.
Possiamo fare “gli aristocratici” ma se non partecipiamo ai movimenti non possiamo pretendere che siano come li vogliamo: è finita l’epoca della egemonia e delle avanguardie di classe.
Oggi la lotta di classe ha una sola direzione dall’alto verso il basso e la subiamo perché il sindacato ha scelto la concertazione, la sinistra la governabilità e subiamo il ricatto dei governi d’emergenza, che per questo sono autoritari!
Possiamo cercare giustificazioni all’incapacità della sinistra radicale di essere presente e organizzare i movimenti e alla sinistra di governo di rispondere ai loro bisogni, ma questi movimenti, queste persone ci sono e hanno una domanda sociale alla quale si deve dare una risposta, almeno che si pensi che fatti i congressi di partito, eletti i nuovi segretari basti per dire che la sinistra esiste e le risposte ci saranno!
Che ce ne facciamo di una “sinistra” che ha dimenticato che il conflitto è la sostanza e la contraddizione della democrazia?
I movimenti sono i movimenti, se proseguiamo a distinguere gli aderenti per l’ideologia che li anima, rinunciando a conoscerne i bisogni, a muoverci partendo da questi, dalle istanza sociali che avanzano non ricostruiremo nulla: non riusciremo ad unificarne i bisogni, a dare unità organizzativa alle loro istanze, a ricostruire un soggetto politico nuovo capace di dare voce a chi deve urlare per farsi sentire.
Biella, dicembre 2013
marco sansoè