Qualcuno ci prova sempre. C’è un vizio di metodo nella cultura “vetero comunista” che è quello di mettere sigle e “cappelli” sulle azioni degli altri. E’ il processo identitario che si sotituisce al movimento delle cose: le BR, dal carcere, ci fanno sapere che sono vicine al movimento NO TAV, anzi, che il movimento è vicino a loro!
Le BR, ancora una volta dopo decenni, pensano di stare dove non sono (e non sono mai state), cioè alla testa dei movimenti. Mentre muovono l’illusione di una rivoluzione senza masse ricercano la loro sopravvivenza, banalmente identitaria, nelle pratiche politiche di altri, di coloro che hanno costruito pazientemente esperienze politiche e di lotta, nella ricerca della gestione collettiva dei bisogni di tutte e di tutti!
Null’altro si può aggiungere a ciò che il movimento NO TAV ha già detto in proposito.
Perché non si tratta solo di prendere le distanze da questi professionisti dell’errore (convinti come sono che ci sia qualcuno che sa, ha capito e quindi precede gli altri che dovrebbero seguire; convinti che la violenza sia strumento necessario perché simmetrico e liberatorio: sciocchi epigoni delle politiche giustizialiste!) ma anche di segnalare la differenza che c’è tra chi, insieme ad altre/i, persegue un obiettivo collettivo e condiviso, e chi si nomina migliore tra le/gli altre/i.
Il movimento NO TAV non è una elaborazione astratta, ma una ipotesi concreta di gestione dello spazio e delle risorse comuni, che si oppone ad uno Stato che ignora e calpesta i diritti di tutte/i in nome di una erronea superiorità degli interessi nazionali. Ancora una volta l’arroganza diventa lo strumento che nega l’autodeterminazione dei bisogni, mentre la democrazia rappresentativa ignora la necessità di fare i conti con i bisogni collettivi! Il diritto alla disobbedienza civile è così la sintesi di questa contraddizione e diventa la pratica politica agita per il soddisfacimento dei bisogni collettivi di una comunità.
C’è una inquietante simmetria tra le BR e lo Stato: vogliono entrambi sottrarre ai soggetti sociali la propria autonomia, perché entrambi sono convinti che l’autodeterminazione dei bisogni collettivi sia pericolosa, in quanto sfugge alle logiche della presa del potere e della sua conservazione. Infatti sono antrambi violenti!
marco sansoè